Tutto cominciò quando un'ordinanza governativa proibì i Selfie. Fu la guerra.
D'altronde, come agire diversamente? La gente non lavorava più. I pedoni sbattevano l'uno addosso all'altro, sui marciapiedi. A ogni incrocio un incidente.
Duck face, kissy face, chicken-ass face con cui ammiccavano ragazzine acerbe e ventenni colla barba. Generavano invidie. Suscitavano indignazione. Altri ragazzini e ragazzine erano meno sicuri della condivisibilità del proprio aspetto. Comitati di genitori si preoccupavano. Torme di professoresse avevano bloccata la didattica.
I selfie nascevano da un'autocelebrazione narcisistica, e finivano al suo opposto. Ansia di affermazione, in un'epoca in cui esprimere sé stessi pareva impossibile. Ricerca di conferme e rassicurazioni, dietro l'alibi di un'espressione buffa. “Io sono qui, e tu no”. In vacanza. A una festa. Ai tropici, quando d'inverno i colleghi lavoravano. Potresti pensare che si autoritraessero solo fisici palestrati e carnagioni abbronzate. Invece no. I rotoli di ciccia non scoraggiavano. L'importante era esserci, si vedesse pure il braccio cadente a reggere il cellulare.
Un tempo su pellicola si centellinavano gli scatti. Le digitali invece intasavano ogni chilobyte. L'autoscatto esisteva fin dal primo dagherrotipo; ma ora v'era accesso a ogni singolo fotogramma del quotidiano, anche il più insulso.
D'altronde, come agire diversamente? La gente non lavorava più. I pedoni sbattevano l'uno addosso all'altro, sui marciapiedi. A ogni incrocio un incidente.
Duck face, kissy face, chicken-ass face con cui ammiccavano ragazzine acerbe e ventenni colla barba. Generavano invidie. Suscitavano indignazione. Altri ragazzini e ragazzine erano meno sicuri della condivisibilità del proprio aspetto. Comitati di genitori si preoccupavano. Torme di professoresse avevano bloccata la didattica.
I selfie nascevano da un'autocelebrazione narcisistica, e finivano al suo opposto. Ansia di affermazione, in un'epoca in cui esprimere sé stessi pareva impossibile. Ricerca di conferme e rassicurazioni, dietro l'alibi di un'espressione buffa. “Io sono qui, e tu no”. In vacanza. A una festa. Ai tropici, quando d'inverno i colleghi lavoravano. Potresti pensare che si autoritraessero solo fisici palestrati e carnagioni abbronzate. Invece no. I rotoli di ciccia non scoraggiavano. L'importante era esserci, si vedesse pure il braccio cadente a reggere il cellulare.
Un tempo su pellicola si centellinavano gli scatti. Le digitali invece intasavano ogni chilobyte. L'autoscatto esisteva fin dal primo dagherrotipo; ma ora v'era accesso a ogni singolo fotogramma del quotidiano, anche il più insulso.
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All'inizio del XXI secolo s'insinuò la percezione che l'uso di selfie portasse a negligenze sul lavoro, all'assenteismo, allo spendere i soldi in smartphone e non in altri beni generati dal sistema produttivo. Fra i nomi eccellenti che in questo periodo si dichiararono favorevoli alla proibizione totale ricordiamo S. Laurel, O. Hardy, S. Riina, L. Bobbitt e Platinette, i quali finanziarono la Morigeratezza versando enormi quantità di denaro.
Con tali fondi a disposizione, molte Associazioni ottennero grande visibilità. Il loro apporto fu determinante per l'approvazione dell'Emendamento “Selfie-control” del 2020, che prevedeva la “proibizione di ogni produzione e utilizzo, anche moderato, di qualsiasi ripresa statica e dinamica di sé”. Il Senatore V. Luxuria, primo firmatario della legge, dichiarò all'indomani dell'entrata in vigore: "I profili umili presto apparterranno al passato. I server resteranno vuoti. Tutti gli uomini cammineranno di nuovo eretti, tutte le donne e tutti i bambini sorrideranno gli uni agli altri, e non gli uni degli altri. Le porte dell'inferno si sono chiuse per sempre". Gli smartphone furono allora dotati di sensori di inclinazione e app obbligatorie, che in caso di nfrazione disattivavano il sistema operativo.

L'ordinanza non sortì alcun effetto. I selfie erano uploadati su server di nazioni neutrali, praticamente irrintracciabili. Gli IP dinamici facevano perdere il sonno alle Polizie Telematiche. Il provvedimento, che sulle prime si limitava a punire trafficanti e faccendieri, si estese agli utenti civili. Fu promulgato lo “0-bit” Act. Ragazzini e ragazzine in tenera età, casalinghe disperate e incensurati pater familias si ritrovarono incriminati, e finirono in carcere. Nelle province gli amichetti di una vita erano separati da madri apprensive, che ammonivano i figlioletti a non giocare più con quei monelli, data la loro inclinazione criminale. Agli ultimi non restavano che i margini della società, e un nuovo mondo di frequentazioni illecite.
Frequentazioni che infatti prosperavano. In un attimo fu la Guerra. Lo stato di New York dichiarò guerra alla Libera Repubblica di Frosinone, importante crocevia di tutti gl'ingegneri elettronici disoccupati del Mezzogiorno d'Italia. Protetta dai colli che circondano la valle del Sacco, gli abitanti resistettero a ogni tentativo di assedio. Fu istituito il Passaporto Cangiante, in pratica vecchie cornici elettroniche abilitate dagli hacker ciociari all'autoscatto, cui doveva prestarsi il richiedente del permesso di transito e circolazione.
Iniziarono i primi bombardamenti di una violenta guerra asimmetrica. La popolazione civile rispondeva con atti di guerriglia. Il costo in vite umane, insopportabile. L'opinione pubblica fu scossa dall'esecuzione di un infante di 3 mesi, colpevole di essersi maldestramente appoggiato al tasto sul bordo del cellulare lasciato in giro da un genitore irresponsabile, azionando su di sé la fotocamera. “Il massacro degl'innocentie”, intitolarono i mass-media.

Il consumo di una droga profondamente radicata nella società, improvvisamente proibito da una legge, aumentò l'interesse per i selfie. Prodotti e distribuiti adesso per canali clandestini, trasformando gli ava-bar in catacombe contemporanee, in cui gli adepti ricevevano la loro iniziazione criminale.
Il Governo capì presto la portata dell'errore. La rinuncia alla tassazione dei selfie aveva fatto perdere svariati miliardi l'anno. Ben presto vennero istituite nuove tasse, che colpivano i contribuenti più ricchi.
I grossi finanziatori del proibizionismo aprirono gli occhi. Essi avevano sostenuto la crociata anti-selfie per il timore delle perdite di tempo sul posto di lavoro. Dovevano ammettere di aver fallito. Fra i primi a farsi indietro, H. Lecter, L. Barbareschi e F. Indovino.
Anche la moglie di quest'ultimo in un'occasione pubblica ebbe a dire "Non vogliamo che i nostri ragazzi crescano nell'atmosfera degli Ava-bar. Prima del proibizionismo i miei figli non avevano il permesso per i selfie, ora ne trovano ovunque”.
Venne applaudita da tutti i parlamentari. Molti di costoro, avendo raggiunto la carica con l'appoggio delle Società di Morigeratezza, non osavano parlare contro la proibizione. Abbracciarono così il fronte antiproibizionista colossi quali la Nestlé, la Monsanto e la G. Rana.
Alle ore 17.27 (ora di Frosinone) di martedì 5 dicembre 2033, si sancì la fine dell'Emendamento “Selfie-control” e dello “0-bit” Act: milioni di civili poterono ritrarsi in orge di selfie collettivi e regolarmente tassati, facendo impennare le entrate del Governo. Con il rifiorire dell'industria dei selfie vennero anche creati circa un milione di posti di lavoro.
Tredici anni di lotte fratricide. Migliaia di affiliati a bande criminali legate al mercato nero del selfie, che da un giorno all'altro videro andare in fumo un business di miliardi. Ciononostante grazie al “Selfie-control” si radicarono nel tessuto urbano, perfezionando l'arte della corruzione di funzionari e dell'infiltrazione mafiosa. Per poi nvestire i capitali acquisiti attraverso estorsione in azioni legali e società offshore. Evolvendosi in un feroce darwinismo criminale.

1 commento:
ottimo ottimo davvero
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