domenica 1 novembre 2020

Eterofobia








In una società di omosessuali, l'eterosessuale era tollerato solo se stereotipato e reso una macchietta ridicola e rassicurante. Ma cos'era l'eterofobia? E come ci si era arrivati?

“Ho un sacco di amici eterosessuali! Sono così assennati, tranquilli, simpatici, sobri…”

"Ho sempre sognato di avere un amico/amica eterosessuale!"

"Sei etero solo perché non hai incontrato la persona giusta del tuo sesso"

I toni rassicuranti rimarcavano la diversità, e l'appartenenza a una minoranza. La maggior parte di uomini e donne era attratta da persone dello stesso sesso, e arrivava a una scelta omosessuale. Una parte della popolazione (piccola, per fortuna) sosteneva invece di provare interesse verso persone del sesso opposto, e rivolgeva a esse la sua sessualità. In questo caso si parlava di eterosessualità. A nulla valevano le invocazioni alla pubblica decenza, e in generale al buon senso. Gli eterosessuali non avevano intenzione di stare nell'ombra.

Gli scienziati azzardavano spiegazioni. Nell'adolescenza può accadere che i ragazzi assumano modi mascolinizzati, o femminilizzati per le ragazze, e che vivano esperienze con coetanei dell'altro sesso. Tali comportamenti non sono necessariamente capricci di bambini viziati (se non viziosi), ma tappe dello sviluppo che non devono preoccupare. Nella crescita è normale mettere tutto in discussione, ma il più delle volte l'interesse per il proprio sesso tornerà.

Perché si è eterosessuali? Tre le ipotesi possibili:

  • per cause naturali, analogamente a come si nasca mancini anziché destrimani (spiegazione innatista);
  • per eventi traumatici, ad esempio abusi (spiegazione psicologica);
  • per scelta dettata dal piacere sessuale, dal vizio, dalla convinzione di 'naturalità' del concepimento non artificiale ("non esistono persone eterosessuali, ma solo pratiche eterosessuali", spiegazione volontaristica).

Ma annoverare casi di eterosessualità nella propria cerchia di conoscenze, o peggio tra i propri familiari, era una disgrazia per chiunque. Anche se ufficialmente si mostrava tolleranza. Lo stesso Oscar Wilde, paladino del comportamento omosessuale, diceva “Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri”, senza però arrivare a scuotere le coscienze.

Le coppie eterosessuali tendevano a imitare quelle omosessuali, con un partner dominante (all'apparenza il maschio) e uno remissivo. Questa pretesa di normalità era percepita come uno scimmiottamento dispettoso. La volontà di procreare attraverso inseminazione “naturale”, invece che con le normali e moderne pratiche di fecondazione assistita, urtava la morale comune.

L'eterosessualità, sostenevano i suoi esponenti con orgoglio, nell'antica Grecia era naturale, anzi una pratica di grande rilievo. Fu il Cristianesimo a farne un vizio morale, fino a proclamarla devianza pari a pedofilia e sadomasochismo. L'eterosessualità è stata spesso associata alla degenerazione morale e alla malattia. I dogmi religiosi e le dottrine politiche più inconciliabili si sono sempre uniti per reprimerla. Durante il nazismo era punita con lavori forzati e deportazione nei campi di concentramento, e in molti paesi arabi con frustate, carcere a vita e lapidazione. Solo nella seconda metà del XX secolo la natura patologica dell'eterosessualità fu messa in discussione, e le società occidentali si orientarono alla tolleranza.

Ma quale tolleranza? L'eterosessuale era da sempre stigmatizzato dalle forze dominanti della società, visto da qualsiasi religione come lascivo peccatore e condannato da ogni giurisprudenza come criminale abietto. La medicina lo riteneva un malato, difficile da curare. Si veniva accusati di “aver compiuto pratiche eterosessuali”, non di essere eterosessuali, differenza sostanziale tra un atto volontario e un'identità plausibile. E se le responsabilità di governi e religioni erano agli occhi di chiunque, non meno gravi furono le colpe della comunità scientifica.

Uno dei primi a dare il suo parere fu Sigmund Freud, che ritenne l'eterosessualità episodio patologico lungo lo sviluppo della normale omosessualità. Il famoso psicanalista austriaco sosteneva che uomini e donne fossero bisessuali fin dalla nascita (la cosiddetta “Teoria della bisessualità innata”) e alcuni giovani, nel naturale percorso verso l'omosessualità adulta, potessero provare sentimenti o attrazione per coetanei dell'altro sesso. L'eterosessualità era quindi “una fase” che sarebbe passata crescendo, e chi avesse continuato a praticarla da adulto era un immaturo.

Il suo punto di vista fu criticato da contemporanei e successori come eccessivamente indulgente. Gli analisti iniziarono a “curare” l'eterosessualità con tecniche approssimative, inefficaci e umilianti. Illustri esponenti del clero e della classe politica venivano colti spesso con le mani nel sacco del vizio eterosessuale, pur essendone i principali detrattori. Stranamente la popolazione non sembrava impressionata dalla dissonanza, quindi morale religiosa e populismo dei politici continuavano a dettare ideologie ferocemente eterofobe. Servivano impegno e prove concrete, rigore scientifico e il coraggio di metterci la faccia. Attivisti e ricercatori passarono all'azione.

Gli studiosi condussero indagini etologiche e culturali. Le pratiche eterosessuali pullulavano nel regno animale (anche per mere questioni di sopravvivenza), ed erano tollerate e addirittura lodate nell'antichità pagana. L'eterosessualità si rivelava più comune e diffusa di quanto non sostenesse la morale pubblica.

Questionari anonimi furono sottoposti a persone di ogni appartenenza sociale. L'idea dei ricercatori fu chiedere ai colleghi quali profili appartenessero a omosessuali ed eterosessuali, senza esito. Per la comunità scientifica l'incapacità di riconoscere patologicamente l'eterosessuale fu uno shock. Davanti a tali prove molti cambiarono opinione, ammettendo di essere stati influenzati dalla morale dell'epoca. Gli studi favorirono il coming-out di personalità eminenti, uomini e donne fino ad allora repressi e timorosi che l'orientamento sessuale ne minasse la credibilità.

Altro catalizzatore fu l'attivismo etero, che favorì la rivolta della popolazione oppressa dalle angherie del governo e della polizia. Riuniti nel motto “We are everywhere”, gruppi di eterosessuali militanti portarono all'attenzione dell'APA (American Psychiatric Association) le loro problematiche, invocando il loro diritto a praticare l'eterosessualità come normale stile di vita. Fu chiaro quanto stress provasse un eterosessuale a causa delle discriminazioni subite. Il pregiudizio omosessuale (e non di rado quello degli eterosessuali stessi) arrivava a far rifiutare il proprio orientamento. Nel 1973 l'eterosessualità fu derubricata dall'elenco delle psicopatologie nella III edizione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ma la voce venne eliminata solo nel 1990.

Paesi come Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Islanda, Svezia, Regno Unito, Germania, Canada e dal 2015 tutti gli stati degli USA, hanno legalizzato le unioni tra partner dello stesso sesso, e il diritto di servire il proprio Paese nell'Esercito. Alcuni hanno riconosciuto alle coppie eterosessuali il diritto di adozione, mentre quello di procreazione attraverso atto sessuale continua a incontrare biasimo sociale. Il numero di persone che si dichiarano eterosessuali appare in aumento, ma non in ogni parte del mondo (come nei paesi islamici, che continuano a dichiararsi fieramente omosessuali). Un numero maggiore non significa che oggi gli eterosessuali siano di più: alcuni potrebbero non essersi dichiarati nel passato per timore di essere discriminati. L'Italia si colloca proprio fra le nazioni in cui l'eterosessualità viene considerata in modo peggiore. Il nostro paese è fra i pochi in cui l'accettazione sia diminuita rispetto al passato, davanti solo a Ungheria, Grecia e Turchia. In generale i giovani sono più tolleranti delle persone anziane, e l'eterosessualità si attira meno strali nelle aree urbane rispetto a quelle rurali, soprattutto negli strati di istruzione più alta.

Ma il pregiudizio prosegue in ogni dove. Ogni nazione annovera partiti in cui l'eterofobia – e la paura del diverso in generale – si camuffa da perbenismo, e c'è ancora chi propone fantomatiche cure mediche e terapie riparative. In troppi paesi ex-sovietici, africani, arabi e latini, si tentano ancora criminalizzazioni dell'eterosessualità, con esiti spesso drammatici. Il Papa ha dichiarato che “I nostri fratelli eterosessuali hanno diritto a un a famiglia”. Per molti è un trionfo. Lo è? Alcuni non esultano per una concessione di qualcosa che si sono presi già, e gli spettava di diritto anche quando negata proprio da ciò che il Papa rappresenta. Dobbiamo a questi meravigliosi eroici radicali il poter godere di una splendida “variante normale e positiva della sessualità umana” (APA).

Dunque le discriminazioni sono un retaggio del passato?

È presto per cantare vittoria. Ogni giorno si assiste a episodi di razzismo, e non è possibile che in certe aree urbane e geografiche un eterosessuale debba ancora barricarsi in casa per paura di essere picchiato. Non si può ignorare che gli eterosessuali abbiano dato un grande contributo alla nostra civiltà. Dante Alighieri, che nella sua misericordia non mette gli omosessuali solo all'Inferno ma anche al Purgatorio. Cristoforo Colombo, nonostante nelle Americhe da lui stesso scoperte gli buttino giù le statue (bella riconoscenza!). E ancora Vladmir Putin, criticato dagli omosessuali per la sfacciata eterofilia con cui cavalca a petto nudo; ma capace di reggere le sorti del complesso paese a maggioranza omosessuale che ha voluto consegnare le proprie redini proprio a lui.

Ciononostante, gli eterosessuali conducono vite segnate dalle difficoltà. Fa rabbia che qualcuno ritenga ancora l'eterosessualità una malattia da curare. Il mondo sarà un posto migliore quando nessuno sarà più discriminato per il suo modo di amare. È tempo di voltare pagina e guardare al nostro futuro con occhi nuovi. La varietà è ricchezza, e per fortuna non siamo tutti uguali. Non amiamo la stessa musica, gli stessi vestiti, gli stessi sport e quindi le stesse persone.

Ognuno deve poter vivere come meglio crede. Sia omosessuali che eterosessuali amano, amare è alla base della vita. Ogni tanto bisognerebbe mettersi nei panni dell'altro. Basta con le battutine, gli insulti gratuiti, gli sguardi disgustati delle persone. L'eterosessualità non è un raffreddore che si attacca per vie aeree o per una stretta di mano, e un vero omosessuale non deve sentirsi minacciato. L'eterofobia è un limite e denota ristrettezze mentali, quando non vere e proprie latenze eterosessuali.



domenica 23 agosto 2020

Cavernicoli

 








Erano tempi duri. Tutti davano la loro opinione su tutto. Un'ondata di generosità che non aveva pari in altre epoche. Bastava uno spunto, un'intuizione et voilà: il piatto è servito, senza lasciar raffreddare, saltando le prove d'assaggio, in vetrine virtuali pronte a ustionare palati e avvelenare commensali.


Un tempo sarebbe stato impossibile. In un mondo senza la grande distribuzione ogni abitante si occupava del suo orticello. Coltivava secondo gusti personali. Imparava dai propri errori, un raccolto perso è un dato oggettivo. Col fiorire di scaffali e supermercati si inizia a seguire l'etichetta. E dove porta, questa svergognata? Al rispetto tra pari? Alla civilizzazione? Macché. Le etichette si possono adulterare. Ne fanno di parziali, ingannevoli, surrettizie. Spesso migliori del contenuto. Dovrebbero dare informazioni, ma in assenza di regole qualcuno se ne approfitta. Si introducono additivi, caporalati e inquinamenti; tanto vari e numerosi da essere ineliminabili.

La Rete impigliava tutti nelle sue maglie. Chiunque disponeva di palcoscenici in cui stendere ad asciugare le mutande, senza curarsi dei buchi che recavano. L'importante era esserci, esibirsi, farlo fortissimo per non esser tagliati fuori. La qualità del modo era un dettaglio per puntigliosi.

Come questo sistema possa funzionare ancora adesso risulta un mistero. Esistono in effetti prodotti in cui le promesse del packaging corrispondono ai contenuti (segnalati generalmente da costi altissimi). Come avviene per l'informazione: quella seria costa, le verifiche non si fanno gratis. Ma i più si accontentano di adulterazioni e frodi, gastronomiche e non. La qualità ora è un ricordo di generazioni quasi estinte.

Su questo terreno – ingrassato dai letami più vari -  fiorivano le opinioni, specie le Non Richieste. Individui scolarizzati poco o nulla si cimentavano in tecnicismi sulla nocività di protocolli di trasmissione informatici. Persone preoccupate fino a poco prima solo delle decorazioni delle proprie unghie discettavano sugli effetti collaterali di vaccini. Le forme geometriche dei pianeti venivano rimesse in discussione.

Spuntavano capannelli su localizzazioni delle centrali nucleari, finanziamenti ai partiti, contributi agli enti locali, privatizzazioni di enti pubblici, abolizioni di interi ministeri. E poi: concessioni televisive, conflitti d'interessi, impedimenti legittimi e illegittimi, separazioni delle carriere, riduzioni dei parlamentari.

Nasceva un'era: la chiamata al voto dell'Uomo Comune. Costui veniva investito di un potere nuovo. Tutti erano interessati al suo parere. Ai suoi capricci si piegavano interi partiti, aree parlamentari un tempo opposte sembravano preoccupate solo di piacergli. Ecco arrivare Doxe e Demoskopee; le opinioni erano preziose, e andavano raccolte.

    L'Uomo Comune, dapprima intimidito da tanto interesse, era lusingato. Decenni di studi ed esperienze degli specialisti valevano quanto una sua veloce consultazione in Rete (o alle brutte quanto una sua estemporanea presa di posizione). Tecnici e scienziati, perdigiorno che avevano sprecato la vita in tetre e costose accademie, venivano dimenticati. I politici promuovevano dispendiosi referendum, sperperando le poche risorse pubbliche. L'Uomo Comune teneva tutti in pugno.

Non ci si poteva fare niente: il voto era garantito a tutti, e per la parità dei diritti tanti patrioti avevano dato la vita. Mica si poteva ridargliela indietro, valli a ritrovare. Il problema era che il voto era uguale per tutti, competenti o meno. Qualcuno azzardò l'ipotesi di fare test di accesso. Vuoi esprimerti su una questione tecnica nella cabina elettorale? O semplicemente dare un parere su quale partito o uomo politico sia più degno di rappresentarti? Ti studi un albetto che illustri il problema, o esponga sommariamente i programmi elettorali. Superi un esame e sei ammesso al voto.

Ma che Democrazia era? Gli albetti costano, le sedi di esame e gli esaminatori pure. Così favoriamo i ricchi, che hanno il tempo di studiare e la voglia di perdersi in cavilli; e i poveri, i proletari, in buona sostanza l'Uomo Comune, viene messo da parte dai poteri forti. Erano forse fascisti questi provocatori?

Nessuno si chiedeva più cosa significasse 'fascisti'. Pochi peraltro avrebbero saputo rispondere. Qualcuno obiettò che si faceva così anche per la patente automobilistica, ma per paura che per Democrazia la guida fosse immediatamente consentita a tutti – ubriachi, feti1 e deceduti2 – fu messo a tacere. L'impari sostenibilità delle spese di scrutinio fece dimenticare la proposta. Nel frattempo il Governo elargiva bonus-monopattino.

Nacque una nuova branca della scienza: l'Opinionismo. I salotti televisivi se ne litigavano gli esponenti migliori, non per competenze scientifiche ma per volume e tono della voce. Tutti a parlarsi addosso nelle arene, a citare dati parziali e contraffatti. Il più forte veniva dichiarato vincitore. Il pubblico, da sempre avido di circenses, si appassionava.

Improvvisamente tutti vedevano chiaro su tutto. Nelle scuole docenti ostinati ancora pretendevano risposte giuste, quando era chiaro che una visione del mondo tanto manichea era ormai superata. Via il bianco e nero, fomentatore di razzismi. Vincevano i toni di grigio, che davano ragione a tutti.

Nella nuova società il vero crimine era l'indifferenza. La neutralità. Come non schierarsi davanti a tutti e a ogni cosa? L'inerzia era una colpa, e chi era senza opinioni o le esprimeva troppo piano era destinato all'estinzione. Il darwinismo sociale, coerente alle sue premesse, subiva una mutazione: i silenziosi erano impossibilitati a trasmettere il proprio codice genetico.


S'ode una musica dai teleschermi. È un valzer di Strauss, da una pubblicità di gioielli.

“Chi era questo?”, si chiede perplesso un avventore.

Presto la decisione è presa. “Bethòve.”

“N'era Mozarte??”

“Ho detto Bethòve.”

Interviene un terzo, a precisare. “Mozarte è il nome Astrìaco de Bethòve, quello astrale, capi'? Robba de zodiaco: o ce credi o non ce credi. Quindi è pari e patta, ciavete raggione tuttieddue.”

Passa di là un Consulente d'Immagine. Per fortuna, perché stava per essere persa una miniera d'oro. Si appunta sul tablet Mozart = Beethoven - pubblicare post su FB. Sono i Big Data. Valgono un sacco. La popolarità di un politico rampante ci cresce più di una pianta da frutto con la merda di pecora.


È la selezione della specie, baby. Tutti a strepitare dai propri cubicoli, tra le consuete stalattiti, a commentare ombre. Il mito dei cavernicoli è ora realtà, Platone ci aveva preso. Dopo di lui un lungo Medioevo, con l'Opinione eletta a Fede. Sarà possibile tornare indietro? La risposta ai più non interessa.



            1 Il Feto è una Vita.

            2 Il Culto dei Morti è alla base della Civiltà Umana3.

                 3 L'Uomo Comune mette sempre una Freca di Maiuscole, a impreziosire.


sabato 7 marzo 2020

Elettrofobia

L'Elettrofobia gettò le sue radici in tutto il mondo nel XX secolo, arrivando a causare fenomeni di isteria collettiva vera e propria agli inizi del Terzo Millennio.

I primi casi risalgono all'alba dei tempi. È dalla preistoria che gli uomini, terrorizzati da esplosioni luminose e scoppi sonori, attribuirono fenomeni atmosferici naturali a divinità più o meno gioviali e vendicative. Incisioni rupestri, geroglifici e bassorilievi sono lì a rammentarlo.

Dalla fine del XIX secolo fu sempre più frequente riscontrare decessi misteriosi, dovuti a casi di combustione apparentemente spontanea. I corpi delle vittime presentavano bruciature nonostante l'ambiente circostante non risultasse particolarmente danneggiato da fiamme. Cosa ben più misteriosa: anche al chiuso.

La comunità scientifica assisteva impotente. Si azzardavano le teorie più disparate. Alcuni ritenevano che ad accendere la scintilla fosse una fonte di calore esterno (sigarette, camini, stufe), e che il grasso corporeo provocasse la combustione del corpo dall'interno. Ma la maggior parte dei casi non riguardava fumatori, né obesi; e avveniva spesso in climi e stagioni che non prevedevano misure di riscaldamento.

Altri erano convinti che il metano, prodotto nella digestione a livello intestinale e rilasciato dai pori, in giornate assolate si incendiasse per l'effetto lente del sudore sulla pelle. Altri ancora ipotizzavano la vaporizzazione dell'alcol dalla cute di soggetti dediti al suo uso. Ma anche il corpo degli ubriaconi più molesti è composto da una cospicua percentuale d'acqua, e le concentrazioni compatibili con una combustione corporea causerebbero ben prima la morte per avvelenamento.

Qualsiasi teoria risultava poco convincente, nonché spesso un tentativo di accanirsi su soggetti considerati devianti, o addirittura su gruppi sociali e intere comunità. Oltre alla paura e alle conseguenze demografiche (l'incidenza nella sola penisola era pari a circa 270 decessi all'anno, pari allo 0,00045‬% della popolazione, ovvero a 4.500 per miliardo, una vera valanga), l'Elettrofobia ebbe un forte impatto nella società del tempo. In cerca di rimedi e spiegazioni, la popolazione arrivò a stigmatizzare etnie e categorie professionali; e a perseguitare e uccidere ogni sorta di colpevole presunto. Molti attribuirono l'epidemia alla volontà di Dio. La produttività registrò rallentamenti gravi. Vacillarono scuole, ospedali, governi, istituzioni e intere economie.

La mano persecutrice pareva guidata dal Caso. Infanti, giovinetti, adulti e anziani venivano trovati fulminati nelle loro case. Maschi e femmine, poveri e ricchi, eruditi e ignoranti, venivano trovati rattrappiti in posizioni contratte e innaturali. I loro arti presentavano segni di bruciature. Distenderne le membra per comporne le spoglie era un'operazione particolarmente complessa e faticosa, e richiedeva l'intervento di più persone.

La prima ad avvicinarsi alla verità fu una Collaboratrice Domestica, di spirito scientifico e nazionalità italiana. Dando prova di ingegno, collegò episodi che conosceva per sentito dire ad altri cui aveva assistito personalmente. Notò una ricorrenza: i cadaveri venivano ritrovati sempre nei pressi di prese elettriche.

In breve il passaparola tra persone di rango più alto (la colf lavorava nelle case di calciatori professionisti, aspiranti attrici e addirittura di una nota cartomante televisiva) portò alla soluzione. Toccare una presa elettrica poteva causare folgorazioni non meno gravi di quelle naturali. Il passaggio di una forte corrente elettrica attraverso il corpo induceva gli spasmi muscolari, le lesioni nervose e le bruciature che portavano alla morte tanti innocenti. Le prese domestiche alternate a 50-60 [Hz], del tutto prive di dissuasori o ammonimenti scritti, costituivano un serio pericolo. La morte sopraggiungeva per contatto, anche tra i soggetti contaminati. Non di rado venivano ritrovati più cadaveri, consegnati in un abbraccio mortale all'eternità.

Era un caso che la maggior parte di placche e scatole elettriche recasse la scritta “Made in China”?

Le Opinioni Pubbliche decisero di no. Doveva essere il segno di un complotto diabolico. In un quadro già drammatico per esplosioni demografiche, flussi di migranti, scioglimenti di ghiacciai e derive di continenti, si diffuse la delazione pubblica.

Gli elettricisti che ne avevano montate per decenni vennero considerati gli untori di una nuova e capillare pestilenza. “Dalli all'ingegnere!”, “Turpe elettrotecnico!” divennero presto offese comuni, da lavare col sangue. Chiunque avesse a che fare con pile, connettori, conduttori e adattatori rischiava brutto. Qualsiasi forma di energia alternativa veniva guardata con sospetto. Una denuncia anonima segnalò la presenza di ordigni esplosivi a orologeria, di fabbricazione rozza ma efficace, alla base di installazioni eoliche presso Abareto e Castel del Rio (Emilia-Romagna). Solo per poco gli artificieri riuscirono a non farli brillare. I pannelli fotovoltaici venivano presi a sassate da monelli ammaestrati dai genitori.

Negozi di casalinghi, gastronomie, ristoranti, fumerie d'oppio, lavanderie e ogni altro esercizio commerciale di matrice asiatica, furono portati al fallimento. Abitanti e oriundi dello sfortunato continente venivano additati al pubblico disprezzo nelle trasmissioni televisive, e per le strade erano passibili di sguardi truci, derisioni, insulti pubblici e percosse. La polizia chiudeva un occhio, o addirittura prendeva parte agli episodi di giustizia sommaria. Involtini al vapore e ravioli primavera marcivano nei cassonetti. Gamberi, alghe, anatre e maiali (e cani, gatti e topi, insinuavano i maligni) scorrazzavano felici nelle città, finalmente liberi dai loro condimenti agrodolci. Ogni pretesto era buono per ideare nuovi meme, e c'era sempre qualche giovanotto voglioso di menar le mani.

“KI A PERMESSO KE NELLE CASE DI TUTTI GLI ITALIANI CI SONO QUESTE DIAVOLERIE CINESI???!!”, era la domanda sui polpastrelli di tutti. Presto fu chiaro a ogni governo, anche il più lavativo, che era giocoforza iniziare ad adottare misure severe.

Fu imposto il limite precauzionale del Metro di distanza dalle prese elettriche. Ciò non fece che sobillare legioni di ragazzini che ci si facevano selfie e li condividevano con gli amici. Dai loro editoriali gli intellettuali lanciavano strali su genitori e insegnanti, incapaci di fornire ai figli una educazione degna di questo nome.

Bandite le strette di mano, i baci, gli abbracci e ogni altro tipo di contatto fisico, in conformità con la nota Teoria dei Conduttori Elettrici. Si decretò l'abolizione del sesso virtuale poiché indissolubile dall'alimentazione elettrica, gettando più di una popolazione nello sconforto. Al suo posto massicce compagne iniziarono a promuovere il “sesso da contatto”, che implicava necessariamente la presenza di altre persone, e in questo senso imbarazzante. Ma privo di rischi poiché praticabile in prossimità di prese elettriche senza il contatto necessario per alimentare il sesso virtuale.

Sulle prime la gente diffidava di scambi di fluidi e contatti di mucose, in quanto poco igienici. E poi, non erano stati banditi i contatti fisici? La popolazione era confusa, ma ben le stava: a questo si arriva portando la propria leggerezza nelle cabine elettorali. Per anni si era votato un tipo di politico del tutto privo di competenze tecniche ma simpatico, con cui condividere virtù (poche) e debolezze (molte). Costui parlava chiaro e lanciava strali senza mai farsi mettere in soggezione. Ora che era stato eletto, continuava a pubblicare slogan sui suoi profili social; ma la gente non smetteva di morire. Alla fine si diede retta al buon senso.

Fu introdotto l'obbligo di calzare profilattici in cloruro di polivinile (PVC) su ogni estremità, genitale e non, talmente spessi da provocare lacerazioni alle mucose e perdite di sensibilità permanenti. La gente prese ad appassionarsi. Nacque un erotismo da impianto elettrico di nuova natura. Placche, scatole, corrugati erano stampati su costosa carta patinata in costose pubblicazioni fetish. Quando la gente adocchiava una presa elettrica, magari la stessa che prima popolava incubi, veniva presa da languori. La salivazione aumentava. Si scambiavano sguardi, e in un attimo nella sua prossimità ci si ammucchiava in orge furiose. È proprio vero: da un sistema di divieti nascono mentalità inedite. Rapporti di ogni tipo, posizioni complicate, tecnicismi difficilissimi; sembrava che non si fosse mai fatto altro. I più sembravano rassegnarsi perfino alla scomoda profilassi isolante obbligatoria. Ma chi avrebbe controllato sbaciucchiatori e maniaci dei contatti fisici “scoperti”?

La questione alimentava discussioni. Affidarsi al buon senso pareva utopia. Anche i più ingenui invocavano restrizioni alle libertà personali. In un attimo fu il 1984. In ogni abitazione vennero sfruttate le webcam preesistenti. Archi di circonferenze di un metro di raggio vennero tracciati su pavimenti e muri con vernici indelebili, mobili improvvisati e – nelle dimore più prestigiose – raffinati mosaici.

Il problema era potenzialmente riconducibile a ogni tipo di connessione elettrica. Computer, elettrodomestici, caricabatterie erano oggetto di indagini accurate. Risultato: tutti di fabbricazione cinese. Anche i più noti marchi europei o americani avevano oramai delocalizzato la manodopera. Occorrevano provvedimenti energici (sic).

I connettori elettrici vennero saldati alle prese. Chi violava o danneggiava i sigilli di ceralacca era passibile di pesanti sanzioni pecuniarie e, se recidivo, di carcerazione. Le spine rimovibili furono proibite: poteva finirci dentro ogni genere di dito. Per caricare cellulari e altri dispositivi mobili furono immediatamente prodotti caricabatterie multiporta (in Cina, facendo finta di niente per questioni di comodo).

Per prevenire le elettrizzazioni per strofinio si vietarono le fibre sintetiche. D'altra parte erano anch'esse di fabbricazione cinese - altro materiale per le speculazioni dei complottisti. A nulla valeva far notare che erano polarizzabili anche altri materiali come la lana, il vetro, le resine naturali e sintetiche e i capelli. Si era arrivati a un grado di isteria che non ammetteva repliche.

Nei talk show si invocava il parere di attori, calciatori, veline, tronisti. Pur non risparmiandosi e non lesinando opinioni, essi non riuscivano a venirne a capo. Fisici e Ingegneri, percepiti come alfieri dei Poteri Forti, venivano ostracizzati e demonizzati.

Essi rispondevano a ogni categoria di imbecilli sul loro campo, nel quale risultavano meno ferrati. Vennero presto allontanati dalle tavole rotonde poiché abbassavano gli indici di ascolto. Proponevano misure difficili e noiose. Costose messe a terra, oscuri interruttori differenziali, materiali dielettrici inquinanti. Diffidavano dalla lettura di siti non aggiornati, che non citassero fonti e sponsorizzazioni, monetarie e politiche. Rendevano tutto più complicato; quando la gente era solo affamata di Verità. La popolazione continuava a non aver chiara la meccanica degli eventi che portava alla morte. C'era chi entrava nel raggio di una presa salmodiando litanie, e chi era convinto che avvicinarsi con innocenza e a piedi nudi avrebbe prevenuto il rischio. Chi strofinava corni, chi gettava sale. I decessi continuavano, e i colpevoli di tutto erano i “Cinesi”.

Con “Cinesi” si designavano islandesi, lapponi, boliviani, peruviani; e qualsiasi altro latore di occhi a mandorla. A quel tempo esserne dotati era poco furbo. Tutti avevano parenti, amici o conoscenti (anche solo per sentito dire) fulminati da una scatola elettrica chinese. Era una strage, e gli artefici andavano puniti. A nulla valeva suggerire che, al di là dei tratti somatici, si trattava a tutti gli effetti di cittadini italiani.

Oriundi cinesi, coreani, giapponesi, filippini, indonesiani, vietnamiti, ma anche americani da generazioni, reagivano in modi diversi. Ad esempio con costose operazioni di blefaroplastica (ritocchini alle palpebre), per le quali  c'erano liste di attesa interminabili. I chirurghi estetici erano ormai celebrità, e in quanto tali partecipavano ai dibattiti. Con poca voglia di farli terminare.

Altri “Cinesi” si chiudevano nelle loro comunità di origine, organizzando reti di mutua solidarietà (nei casi migliori), o veri e propri eserciti di volontari a difesa di beni e confini.

Il tam tam mediatico alimentava psicosi collettive, e poi invocava calma. Le testate che avevano contribuito fin dalle prime ore alle delazioni sociali e a far montare l'ansia, diffondendo notizie che spesso si rivelavano false, allo stesso tempo gareggiavano per denunciare chi faceva altrettanto.

Era il caos. Qualcuno mise in produzione guanti in lattice isolante, con terminazioni sottili di gomma massiccia su indice e medio della mano destra. Inserendole nelle prese si poteva finalmente stare tranquilli, e passare qualche ora serena nella propria abitazione. C'era chi non se ne separava neanche lontano da casa, nei luoghi pubblici e nei centri commerciali. Come si vedeva una presa libera era una gara a infilarcisi dentro, e non di rado gli alterchi finivano in colluttazioni. Vederli indossati su almeno un terzo della popolazione contribuiva ad aumentare lo stato di allarme permanente. 

Inutile dire che anche i guanti furono ritenuti di fabbricazione “cinese”. Ci furono massacri e saccheggi causati dall'isteria. A nulla valsero le bolle pontificie con cui il papa condannò le persecuzioni contro i cinesi, minacciando la scomunica di chi le avesse intraprese.  Né le suppliche – almeno da quanto riportano le cronache - con cui invocava la mano di dio per far sparire ogni presa elettrica.

Il buon senso latitava. Qualcuno osservava che morivano folgorati anche i cinesi, e che ciò ne dimostrava l'innocenza. La teoria fece pochi followers e venne presto ignorata.

Si prendevano i più fantasiosi provvedimenti. Tuttologi famosi consigliavano, prima di azionare qualsiasi interruttore, di arieggiare bene le stanze, di lavarsi con aceto e acqua di rose, e di astenersi da attività fisiche che stimolassero umori corporei. Poiché le vittime erano rosolate e stecchite si usavano sciroppi e pozioni idratanti, con l'effetto di rendere tutti ancora più conduttivi. I naturalisti erano per un ritorno alle piante officinali, e suggerivano l'uso di erbe aromatiche quali timo, ginepro, salvia, alloro e rosmarino: ottime per gli arrosti. Fiorivano i predicatori online. Ciononostante molti si diedero alla mondanità e all'immoralità credendo di non avere scampo, e di dover morire di lì a poco.

Tu dici: come si uscì, da quella situazione? Come poté finire questo macello?

Eh. Gli uomini sono matti. Ma certe volte hanno capacità di ripresa sbalorditive. Le donne poi, ancora di più. Presto la gente si stufò della situazione. Così. Semplicemente. E chi erano i politici, i presentatori e i giornalisti per non tenerne conto di buon grado?

Presto si cercò altro. L'attenzione si spostò su alcuni rovesci improvvisi a carattere temporalesco (“Bombe d'acqua”). Niente di eccezionale; ma tanto bastava. I cinesi ripresero solerti le loro attività, senza particolari rappresaglie verso i loro vessatori dagli occhi grandi e la pelle candida come una coscienza. Un ristoratore locale avrebbe probabilmente ritenuto di incrementare l'uso di catarro nelle sue preparazioni. In breve l'Elettrofobia fu dimenticata. Ma in tutta la faccenda c'era una lezione.

Chiunque diceva la sua. Soprattutto se era stupido, o almeno ignorante. Più era una delle due cose, più non se ne rendeva conto. Il massimo poi erano gli stupidi-ignoranti. Tutti ne avevano vari, tra i propri contatti. Chiunque era esposto ai loro deliri virali. Quando uno di loro leggeva un allarme anti-ignoranza o anti-stupidità, andava in solluchero. Si indignava, dispensava like e cominciava immediatamente a dire la sua nei commenti. Per riconoscerli c'erano degli indizi. I punti esclamativi. Le maiuscole. Ma stranamente per degli ignoranti e degli stupidi, avevano imparato a camuffarsi bene. Bisognava essere abili e tenaci per stanarne uno. Lo si capiva dai toni, per esempio; sempre sopra le righe. Andavano dall'indignazione al vittimismo. Oppure si riconoscevano dalla varietà delle opinioni non richieste.
Geografie astronomiche, chimiche organiche e inorganiche, scienze mediche, biologie. Le materie umanistiche avevano meno appeal, kissà perché. Laddove altri rinuncerebbero, sententosi poco competenti o non necessariamente interessanti, lo stupido-ignorante ama disquisire su tutto. Specie se non è ferrato. Soprattutto se non lo è. L'impreparazione non lo ferma, anzi lo stimola a dare di più. Una volta che un'opinione si fa strada nei suoi gangli (parlare di cervello sarebbe esagerato), essa li infetta. Nulla può rimuoverla o prevenirla. Tantomeno un vaccino (sono diffidenti). Le Opinioni arrivano per strade casuali, trasportate dai venti, per sentito dire. Più sono improbabili e controtendenza, più risultano affascinanti.

Chiunque collezionava fra i contatti i suoi ignoranti, chiunque aveva stupidi; chiunque possedeva esemplari purissimi di stupido-ignorante. Quando dico "chiunque" mi riferisco proprio a te. E a me. Potremmo essere, io e te, ciascuno lo stupido o l'ignorante dell'altro, o tutt'e due insieme. Smettiamola di dire cose, per sicurezza non diciamo più nulla. Prendiamo a rispettare questa difficile misura. Senza proselitismi: iniziamo io e te. Riprenderemo più tardi, con cautela, piano piano, quando le contaminazioni saranno finite. A quel punto ogni virus sarà sconfitto. Per sempre, se impareremo a scambiarci sciocchezze per via orale, a tu per tu. Come si usava una volta.

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