martedì 30 ottobre 2018

Nobbadi laix Saputelly


















Il digitale ha ucciso il cartaceo. Prendi ad esempio il porno vintage, nella persona della Donnanuda di cellulosa: il porno a legna. Che giustamente per delle seghe era ottimo.
Il virtuale ha massacrato il reale. I cellulari hanno ripreso ogni evento, ogni posto, ogni cosa. Non gli resta che riprendersi tra loro, partorendo celerini arrabbiatissimi che per il bene reciproco se le diano di santa ragione.

Quella che mi accingo a raccontarti, bambino, è una favola dei nostri giorni. E le favole dei nostri giorni, come quelle dei giorni più remoti, ti fanno addormentare con un semino nella testa. Germoglierà domani, facendoti più inquieto e attento; in altre parole, adulto.

La favola dei saputelli è il miglior esempio dello scempio di un ecosistema. Di quanto possano devastare un territorio vergine una specie aliena che entra in concorrenza con gli autoctoni, obbligandoli a spostarsi. Sterminandoli, addirittura.

I saputelli comparvero nel web fin dalla sua nascita. Ma è sul finire del XX secolo che la loro diffusione risultò fuori controllo.

Nel web i saputelli trovarono condizioni favorevoli: anonimato, inviolabilità fisica, spazi e temi virtualmente infiniti. Nessun osservatore all'inizio era allarmato. Notoriamente inabili alla riproduzione, si pensò a fenomeni isolati. Era divertente osservarli, sulle prime. Come nelle aule scolastiche, essi iniziarono a dispensare suggerimenti e consigli non richiesti. Iniziarono a primeggiare per le loro nozioni, nonostante i propri rachitismi. Pinguedini, verginità, basse stature e calvizie incipienti erano palpabili anche da dietro il cristallo liquido. Nel dosaggio di maiuscole e minuscole qualcosa ne svelava la voglia di rivalsa.
Poveri quelli che capitavano su un sito alla ricerca di consigli! “Quale sarà lo schermo migliore?” “Quale frigorifero consumerà di meno?” “Quale lavatrice durerà di più?”. Il saputello lo sa, o finge di saperlo. Ma non lo dice. Ti deride per come formatti la tua richiesta, per come sbagli sezione, per la facilità con cui vai off topic. Per lui tu sei un newbie, un incompetente. Finalmente, più inetto di lui. Sorvola sul tuo bisogno di informazioni, e ne ride. Sa tutto di te; anzi, lo sa meglio. Come si scattano le tue foto, come si educano i tuoi figli, come conviene porsi coi tuoi colleghi. Si esprime per sigle, ama gli acronimi. È il giocatore più molesto di una partita a Trivial Pursuit. L'etere lo carica a mille, la virtualità lo rende invincibile. Colpisce impunito, più persone alla volta. Si apposta sui social network mimetizzato da amico e attende passi falsi da puntualizzare. Gli scontri più sanguinolenti avvenivano sui tecnicismi. Se chiedevi un parere su un bios, su una scheda madre, sulla velocità di rotazione di un hard disk, eri spacciato. Sapevano apparire competenti, rivelando della loro pretesa competenza solo rari barlumi.

I primi testimoni sorridevano, respirando l'aria giovanile di mille cancellinate sulle fronti degli impudenti, e i vapori di gesso che ne esalavano. Ma i lanciatori non miravano. I cancellini non partivano. Rapidamente i saputelli si spostarono, dalle aule scolastiche, dagli uffici, dalle strade, dai raduni. Lesto fu il passaparola. Nelle palestre riposero i loro lievi manubri sulle rastrelliere, e partirono in una delle più fulminee e devastanti migrazioni che la storia ricordi.
Impararono l'arte del celare la conoscenza, ostentandola come un maglio pronto a calare sulle schiene degli sprovveduti. Inventarono la scienza di tirare le somme sorvolando sulla mancanza di tutti gli addendi. La conquista dell'autorevolezza in cambio di quattro nozioni snocciolate con reticenza. Al saputello furono perdonate le gobbe e fu concessa la fiducia. Divennero infallibili, e nessuno si preoccupò di smascherarli finché il loro numero era esiguo. Assunsero un'aura sacerdotale, e dubitarne divenne eresia. Erano irraggiungibili. Se tu desideravi triturarne le carni, schiacciargli la testa sotto un macigno o affumicarli lentamente con accendini monouso, ti scontravi subito con la loro impalpabilità. Quegli esseri filiformi, ridotti a un silenzio impaurito per ere geologiche, avevano alzato il capo. E non v'era modo di decollarglielo.

Vana era l'evidenza. Le nozioni dei saputelli sono parziali, incomplete. Praticamente inutilizzabili, se non per impressionare l'interlocutore. Capire la dimostrazione di un teorema di geometria e saperla esporre senza saltarne i passaggi, cogliere la sintassi di una versione di latino, ti porta a diffidare della fobia per le scie chimiche. Ma come usare questa consapevolezza, senza permettere al saputello di far leva sulle tue debolezze?

Commissioni di studiosi si riunirono ad analizzare il caso. Il problema, convennero, è che il bullo, nemico naturale del saputello, nulla poteva, se ostracizzato dalla realtà fisica. L'universo era contaminato, e la minaccia si espandeva. L'estinzione del buon senso era alle porte. I saputelli imperversavano, commentando saccentemente perfino le tavole rotonde che li volevano distrutti. Dileggiavano gli scienziati. Fu una fortuna. Le persone perbene esitano, di fronte alle soluzioni finali. Quelle celie, quelle facezie diedero nuova linfa alle ricerche. I laboratori si mobilitarono. L'ingegneria genetica sfornò il suo migliore capolavoro. Il Troll.

Da un'idea della mitologia celtica, si conferì al bullo in carne e ossa una fisicità virtuale. Il bullo archetipico venne privato di ogni residuo d'intelligenza. La sua refrattarietà alle obiezioni, pertinenti e impertinenti, era totale. La velocità nella digitazione, leggendaria.
I primi esemplari di Troll vennero testati in rete nei primi giorni del nuovo Millennio. Il successo fu strepitoso. I saputelli sgomenti venivano sconfitti dal pensiero laterale con cui i Troll scartavano obiezioni e contrattacchi dettati dalla logica. Le argomentazioni venivano sorvolate. Comportamenti fuori etichetta ne falcidiavano a centinaia.
Chi non simpatizzava per il fiero cipiglio di codesti buffi animaletti? Uno dei più chiari intellettuali dell'epoca si produsse nel noto saggio “Elogio del Troll”, in cui si attribuiva l'esaltazione del saputello a una poetica risorgimentale ormai superata, rilevando come l'allegra anarchia del Troll fosse la base del dubbio e del metodo scientifico con cui ogni mente sana doveva affrontare il nuovo millennio.
Presto però ci si rese conto che la rimozione di ogni intelligenza rendeva il Troll incontrollabile. Si rivolgeva all'utente normale come al saputello colla stessa brama di sterminio. Celebre l'esperimento del Burraco On-line, in una partita fra saputello, Troll e due ricercatori spacciatisi per giocatori comuni. Il primo a farsi avanti fu il saputello, che contestò al suo partner (uno dei due ricercatori) la convenienza di scartare un 6 di picche che gli sarebbe valso una scala a incastro col 5 e il 7 in suo possesso. Prima che il ricercatore potesse obiettare di non poter avere idea delle carte del compagno, visto che le regole del gioco le volevano vicendevolmente coperte, fu il Troll che con una velocità orripilante sovraimpresse nella chat “nobbadi laix saputelly”. Ora, è noto che il saputello tiene fra le onte più ignobili quella di essere tacciato di saputellismo, in una strana procedura ricorsiva. Mentre il saputello indignato iniziava a contestare un uso improvvido della lingua inglese, il Troll iniziò a vomitare alcune fra le più bieche offese dialettali del globo terracqueo. Il saputello decise allora di sfidare il Troll sul suo stesso campo, sfoggiando le sue migliori parolacce. Fu un suicidio. Gli insulti fanciulleschi che utilizzava erano istantaneamente surclassati dalle orribili maledizioni vomitate dal troll. Data la mala parata il saputello ripiegò sul dileggio, chiedendo al Troll che studi avesse mai fatto nella vita. A questo punto, il più debole di stomaco dei due ricercatori supplicò le due cavie di recedere, attirandosi le ire di entrambi.

Questo, era il problema. La scienza aveva coniato una nuova minaccia, anch'essa mortale. Il progetto di introdurre un'altra specie invasiva si rivelò un completo fallimento. Così come i saputelli si moltiplicavano per l'assenza dei loro naturali predatori, i Troll non facevano distinzioni tra le prede designate e le altre; e iniziarono a fare stragi di utenti comuni, del tutto privi di difese. Per non parlare, abusando di preterizioni, dei danni occorsi ai proprietari di piattaforme online, server, compagnie di telefonia e provider di ogni sorta di servizio, che videro decimati i loro proventi. Il consumo indiscriminato di risorse da parte di una minima parte di utenti, unito alla naturale erosione dei terreni, contribuì alla desertificazione irreversibile di vaste aree del World Wide Web.
La favoletta morale - edificante come poche - che ti ho appena narrato; cosa edifica?
Il fatto che la natura non può essere controllata, o almeno non coi pochi mezzi di cui disponiamo al giorno d'oggi. A volte la cura può essere peggiore del problema, e l'uomo dovrebbe smettersela una buona volta di giocare con l'ambiente.

Nessun commento:

Paperblog