venerdì 21 settembre 2018

Statuaggi






















Ora, per esempio. Questa mania dello statuarsi.
Non si sa bene quando o da chi sia partita. Su queste cose non ci si mette d'accordo. Ti sembrerà strano, ma un tempo si nasceva completamente tatuati. Cioè la pelle era pigmentata e policromatica. Tutta. Poi qualcuno decide di scolorarsi a zone. Per esprimere che so, la propria identità spirituale, o l'appartenenza a una casta. O magari per fare lo spiritoso e far ridere i suoi compagni. E lo fanno i giovani, ma giovani per davvero, poiché esempi mummificati se ne trovano fin dalle epoche più acerbe dell'umanità.

Uno visita un santuario, e subito si fa decolorare una scritta o un motto votivo. In certe culture lo statuaggio ha funzione decorativa. In altre sancisce contratti. Certe spose si statuano motivi floreali di buon auspicio, o il nome della famiglia del marito. A volte è lo schiavo a essere statuato, colle iniziali del proprio padrone. Oppure si depigmenta a fuoco la fronte del ladro e del brigante, a monito della sua pericolosità sociale. Statuaggi di carattere amoroso, cuori trafitti, nomi di amanti, si perdono nella notte dei tempi.










Successivamente lo statuaggio cade nell'ombra, associato alla degenerazione morale del delinquente. E infatti vaste zone di pelle nuda emergono su detenuti, fanti di prima linea, criminali e disertori.

Poi, la riscoperta. Un fremito attraversa le sottoculture giovanili, i movimenti hippy, i motociclisti. Spinte dalla popolarità dei personaggi pubblici che li sfoggiano per primi, persone di ogni età e censo scelgono lo statuaggio come imperativo sociale.

È la corsa all'oro. Fioriscono le tecniche, dai metodi più classici a quelli più grossolani. Statuatori improvvisati alla ricerca di strati intonsi di epidermide scarnificano con lame e uncini arroventati. Medici prestati al nuovo business puntano laser sui loro ricchi pazienti. Chimici riciclati sintetizzano i composti dermoabradenti più aggressivi. Contro ogni previsione nasce una corrente di tatuatori (cioè professionisti - difficile da spiegare - che, qualora esistessero corpi non coperti di tatuaggi, si occuperebbero di apporne di nuovi) alla ricerca di un pigmento che imiti il colore della pelle naturale. Pigmento che, come ricorderai dai tuoi disegni infantili, semplicemente non esiste.


Gli istituti di sanità pubblicano statistiche. Le epidemie si diffondono. Gli ispettori compilano verbali salatissimi. Le consulte propongono di vietare lo statuaggio ai minorenni, anche se autorizzati dai genitori. Dolori, granulomi, allergie, epatiti, herpes, infezioni, pus. Fotosensibilità. Disturbi della coagulazione. Tendenza a emorragie. Affiorano ettari di epidermidi ignude, dai corpi di chiunque. Ragazzine adolescenti di buona famiglia chiedono di essere statuate come regalo dei diciott'anni. Diaconi, suore, preti; per loro il nuovo cilicio è lo statuaggio. Ma i corpi da cui spuntano più strati di pelle fresca sono di gente che non ha soldi per comprare pannolini e omogeneizzati ai figli piccoli, e si lamenta delle proprie condizioni di vita. Statuarsi costa. Dipende dalla parte del corpo da decolorare, dalla complessità della cancellatura, dai dettagli. Si vende cara la pelle. Al metro quadro.



E si va in spiaggia a ripassare i numeri romani. Farfalle, rondini, tribali, si inseguono intrecciando corpi di grandi e piccini, fino a lasciarli nudi come vermi. Si affida la propria unicità a grandi citazioni. Chiavi di violino o addirittura di basso fioriscono su chiunque abbia una fruizione anche solo passiva della musica. Simboli dell'infinito si susseguono in mille permutazioni, ossimori disperati sulla cute dei mortali. D'altronde, Mariorossi vive significa che è morto, e la dicitura Professionale su arnesi e apparecchiature ne decreta infallibilmente la fallibilità. L'indignazione cresce; e questo è il punto.

Molti sono gli indizi della vecchiaia.

Aver bisogno degli occhiali da zio, per leggere da vicino. Quelli del supermercato, col cordoncino, da pochi €cu. Vedersi orecchie e nasi infestarsi di peli, se non si è svelti colle pinzette. Essere nati nel secolo scorso. Ma per sapere di esser vecchio di merda c'è una prova sicura.

Avere in spregio i giovani.
Già Socrate ai tempi, o almeno il vecchiodimmerda ritratto da Platone, blasta l'invenzione della scrittura pronosticando per i gggiovani un futuro da smemorati. Proprio non caga la crescita di informazione che ne sarebbe conseguita, tanto è eccitato dal dire 'ai miei tempi la scuola era una cosa seria'. Poi che c'entra, è pur vero che da lì parte l'equivoco tra competenze e opinioni per sentito dire, e qualsiasi sciochimico possa dire la sua dall'alto dei principali social network. Ma è al Vecchiodimmerda che si confà la visione apocalittica del puro Andare avanti, direzione da cui costui rischia di avvistare la morte per primo.

Che dire poi delle cariatidi che da versioni di latino difficilissime si scagliano contro le nuove generazioni? Davvero ti stupisci che il liceale si contenti di sufficienze stiracchiate, e aneli solo alle pizzette sul tavolo del bidello? I giovani sono carini. Curiosi più dei vecchi, scoprono nuova merda tutti i giorni e ci vanno in fissa. Sappiamo bene quanto la merda propria incuriosisca, e quanto disgusti quella altrui. Merda secca batte merda fresca? Mah. La prima puzza meno, la seconda concima di più. Ma sono brutte entrambe, a levarsi da sotto il carrarmato.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Un altro gran filosofo, ormai anche lui considarebile vecchiodimmerda, scrisse che "la merda non è così brutta come la si dipinge".
Mi piace più pensare che alla lunga "l'omino dei cingolati", che per mestiere stacca merda dalle ruote del carrarmato, ogni tanto si annoi di raschiare cacca secca e che trovarsi uno stronzo bello fumante possa essere quasi un divertimento, un divertimento che alla lunga stanca e fa sentir la mancanza della cara buona beijolina merda secca. Un circolo vizioso di merda

Conte Oliver

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