martedì 10 agosto 2010

Il sol dell'avvenire.

Ma tu ti sei mai chiesto perché trovo sempre così belle le foto di un tramonto o un'alba?

Per non parlare degli originali. Solo che in genere nel frattempo sei distratto dall'esistenza. Non ricordo se l'avevo già scritto da qualche parte, ma una volta ho proposto a quella che credevo sarebbe stata la mia compagna di vita un gioco, che da sempre mi riservavo di giocare con una davvero speciale.

Guarda che non ti volevo mettere tristezza, eh? Dopo tutto questo tempo ormai ci rido su, senti se non ci credi: ahaha. Però all'epoca è stata 1 bella botta. Di quelle migliori, le 2-3 volte che il cuore ti si frattura scomposto, e che poi ti lasci tornare in mente quando vuoi riprender forze dopo un brutto episodio di lascing.
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Eravamo in Sardegna. Giravano bei tramonti, da quelle parti. Hai presente, no? quanto veloce è il sole a tramontare. E anche a sorgere, ho riscontrato ultimamente. Probabilmente piotta a tutte l'ore, quello scimunito di astro (c'è una bestemmia criptata, uau! roba da alta Settimana Enigmistica). Però ci è dato saperlo solo quando la sua folle corsa tende a portarlo fuori dal nostro campo visivo. Questo perché, specialmente quando si tuffa in uno specchio d'acqua (possibilmente sterminato, salato e privo di meduse), o quando ne emerge, ha la geniale prerogativa di cambiare colore. In quei momenti sembra la paletta cromatica di Photoshop, quel vecchio bighellone (Fat Old Sun, lo vezzeggiavano i Pink Floyd in una canzoncina particolarmente hawaiana).

Il fatto è che al tramonto – aspetta un attimo; prima di andare avanti nella lettura metti su il primo album che trovi dei Nouvelle Vague, sennò di quello che ti dico come al solito non capisci niente – il sole al tramonto ti scompare da vanti agli occhi, se ti distrai anche solo un un attimo. Se lo guardi fisso, quello ti sta lì davanti e ti sostiene lo sguardo come il meglio bulletto di periferia. Gli basta anche un fugace battito di palpebre; te lo ritrovi a distanze di vari cm-luce (una frazione degli anni- luce).
Adesso, pur avendo schivato ogni interrogazione di Geografia Astronomica al liceo, ti getto là una profonda considerazione. Anche se a ben guardare suona un po' lapalissiana.

Il Sole in quei momenti è un grandissimo giocatore di 1-2-3 Stella.

Capito quindi, come si giocava a questo gioco? Macché.
Uff.
Tu dovevi tornare dal mare, per tempo & senza dire niente. Salivate in macchina, e zitto zitto cercavi 1 bel posto panoramico.
La strada sembrava quella di casa, ma a un certo punto ti mettevi perpendicolare all'orizzonte, col muso verso il mare, e spegnevi il motore.

“Perché ti fermi?”

“Perché volevo fare una cosa. Da sempre, la volevo fare. E adesso, per la prima volta, volevo farla con te.
Vedi che il sole stava per tramontare? Era da un sacco di tempo che stavo in fissa per una cosa. Volevo guardarlo mentre veniva giù. Guardarlo fisso, senza mai distogliere lo sguardo; finché non riuscivo a vederlo che si muove. Cioè, capito che dicevo? io non volevo più vederlo fermissimo a ogni istante, per 5 minuti in cui però quello partiva staccato dall'acqua e solo alla fine ci era finito dentro.
Io volevo vederne il movimento. Volevo vedere il sole che si muove. Secondo me, ce la potevamo fare. Troppo poco, dura 1 tramonto nelle sue fasi finali. Soprattutto, non volevo farla da solo, questa cosa. Sarebbe stato insostenibile. Avevo tutto il tempo per farla, prima. Ma adesso”, abbassando lo sguardo, “adesso stavo con te. Non ero più solo.”

“...”

“La volevamo fare, questa cosa? Dai, dai: facevamola! Sarebbe stata una ficata.”

“Ma dobbiamo comprare il pane, è finito il pane.”


In effetti, erano quasi le otto.
E non avevamo pane.
Non mi è venuto in mente quale majale di grido dicesse:
Non si vive di solo pane.
Adesso che lo ricordo, però, forse non l'avrei mica citato.



“... ma dai, forse ce la facevamo...!”

“...”

“ Oramai era quasi tramontato, il sole! bastavano giusto 5 min. e poi andavamo a prendere il pane!”

, lo spezziamo, lo diamo in fronte ai suoi discepoli e gliene diciamo quattro noi.

“... amore, non ce la facciamo. Dobbiamo andare a prendere il pane.”

“Ma dai, ma se una volta non ci mangiamo il pane a cena, ma cosa succede...”

“e a colazione? che mangio? che ci mangiamo?”

A quei tempi mi sottoponevo a 1 dieta durissima e mattissima.
In cui non valeva mangiare i carboidrati.
Sul furgone di quando andavamo a suonare,
tutti mi chiamavano Scatola de tonno.
Io appestavo il furgone dell'olezzo del mio Tonno&Ceci Riomare.
Gli altri, nel mentre, si approvvigionavano delle delizie colorate dell'Autogrill.
Il pane contiene il 1.000% di carboidrati.

Ho cambiato. Ho tolto i Nouvelle Vague.
Adesso ho messo More dei Pink Floyd.


La chiave gira nel quadro. “Erano cinque minuti. Solo cinque minuti.”

'Del cazzo', avrei voluto aggiungere. Erano proprio del cazzo, quei cinque minuti. Mai visti cinque minuti più del cazzo. Anche Green is the colour, qui, me lo rimarca.

Forse dovevo declinarmelo, quel cazzo, al genitivo? ma non stava bene. Poi piangeva lei, piangevo io, “scusa amorino mio sono stato uno stronzo”, e lei: “no, che ci facevo io con tutto quel pane vorrei sapere”.

Che significava capisco che per te quel gioco era importante, la tua rabbia mi ha fatto capire quanto, dovevo provare a giocarlo e vedere se piaceva anche a me, e dopo facevamo le nostre valutazioni, e sceglievamo se continuare insieme oppure no. Grazie della tua rabbia, amore mio. Senza non avrei mai capito niente, né quanto importante per te era giocare, né per me quanto fosse spaventoso.

Quel cazzo di genitale, forse era il Caso di declinarmelo, al genitivo. Magari adesso, undici anni dopo, la sera non stavo solo soletto a darmi ripetizioni di sintassi al computer.
 
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Ma io non ti capirò mai, a te. Mi avevi fatto una domanda su certe foto di tramonti, e guarda quanto tempo mi fai perdere per arrivare al punto. Facendomi quasi diventare serio, io che invece cerco sempre di fare il buffone per far ridere i miei compagni.

Io non lo so, perché mi piacciono i tramonti. Che ne so, io? e le albe.
Cos'è, sono i colori? Tutti quei rossi, arancioni, viola, rosa, blé, celeste, verde, bianco? O sono gli interpreti della gig: mare, sole, onde, vento, scogli, gabbiani? o tutteddue le cose, mischiate assieme?
Allora perché, se vari il mix di pochissimo, tipo levando un po' di rosso-viola-rosa, il sole a picco sul mare delLa Mezza non è più la stessa cosa? cosa c'è, una ricetta, per cucinare un'emozione?

Sarà il significato? nascita-alba, tramonto-morte? In effetti, entrambe le cose sono cose forti.
Ed è possibile che dopo tante albàscite, e tanti tramòrti, stiamo lì, ogni volta a sorprenderci come se fosse la prima di uno spettacolo spettacolare?

Possibile sì. Siamo tarati per commuoverci a morte di fronte all'inizio della vita, e per strillare vividi davanti alla fine della morte. Ogni volta è la stessa storia. Ogni volta è così.

Pensa che stronzi.
 
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Lei all'epoca leggeva Un amore, di Buzzati. In copertina c'è un suo disegno, il più geniale che abbia mai visto. Quasi mi piace di più come disegna, che come dipinge, Buzzati. Lui ne sarebbe stato contento, a suo stesso dire.
Io quel libro l'ho letto adesso, un anno fa. Buzzati è uno che ne sa.
Senti lui cosa ne pensa, se ti va.


Di colpo egli capì il significato del mondo visibile allorché esso ci fa restare stupefatti e diciamo
"che bello" e qualcosa di grande entra nell'animo nostro. Tutta la vita era vissuto senza sospettarne la causa. Tante volte era rimasto in ammirazione dinanzi a un paesaggio, a un monumento, a una piazza, a uno scorcio di strada, a un giardino, a un interno di chiesa, a una rupe, a un viottolo, a un deserto. Solo adesso, finalmente, si rendeva conto del segreto.


Un segreto molto semplice: l'amore. Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d'amore.


Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici? Che senso avrebbe la valle romantica tutta rupi e scorci misteriosi se il pensiero non potesse condurci lei in una passeggiata del tramonto tra flebili richiami di uccelli? Che senso la muraglia degli antichi faraoni se nell'ombra dello speco non potessimo fantasticare di un incontro? E l'angolo del borgo fiammingo che ci potrebbe importare o il caffè del "boulevard" o il "suk" di Damasco se non si potesse supporre che anche lei un giorno vi passerà, impigliandovi un lembo di vita? E l'erma cappelletta al bivio col suo lumino perché avrebbe tanto patos se non vi fosse nascosta un'allusione? E a che cosa allusione se non a lei, alla creatura che ci potrebbe fare felici?
Pensò alla finestra solitaria illuminata nella sera d'inverno, alla spiaggia sotto le rocce bianche nella gloria del sole, al vicolo inquietante e sghembo nel cuore della vecchia città, alle terrazze del grand hotel nella notte di gala, ai fienili, al lume della luna, pensò alle piste di neve nel mezzogiorno di aprile, alla scia del candido transatlantico illuminato a festa, ai cimiteri di montagna, alle biblioteche, ai caminetti accesi, ai palcoscenici dei teatri deserti, al Natale, al barlume dell'alba. Dovunque c'era nascosto il pensiero inconfessato di lei, anche se non sapevamo neppure chi fosse.
Quanto meschina sarebbe, di fronte a un grande spettacolo della natura, la nostra esaltazione spirituale se riguardasse soltanto noi e non potesse espandersi verso un'altra creatura.


Perfino le montagne che egli aveva intensamente amato, le nude scabre inospitali rupi in apparenza così antitetiche alle cose d'amore adesso assumevano un senso diverso. La sfida alla natura selvaggia? Il superamento dell'io? La conquista dell'abisso? L'orgoglio della vetta? Che spaventosa cretineria sarebbe, se consistesse solo in questo.


Difficoltà e pericoli diventerebbero ridicolmente gratuiti. A lungo egli aveva meditato al problema senza riuscire a risolverlo. Adesso sì. Nell'amore per le montagne si annidava clandestinamente un altro impulso dell'animo.
Se quando era ragazzo uno glielo avesse detto, e lui avesse potuto capire, ciononostante avrebbe sempre detto di no, che non era vero, per una forma di pudore. Così anche gli altri diranno di no, che è un'idiozia, che è retorica, romanticismo fuori tempo. Eppure, interrogati, non sapranno indicare altrimenti perché li commuove la burrasca marina o l'arco diroccato dei Cesari o la dondolante lanterna nel vicolo dei bassifondi. Mai confesseranno che in quelle scene c'è anche per loro il richiamo a un sogno di amore, nonostante il disgusto che una simile espressione possa dare.


Gli vengono pure in mente le carovane delle miagolanti befane venute dall'America che scendono dai pullman dinanzi ai musei e alle cattedrali. Forse che anche le sciagurate, nel girovagare da un paese all'altro, inseguono quel presentimento d'amore? Esattamente così, compatitele. Pure in quei ruderi standard pieni di salute resiste ancora, a loro insaputa, il richiamo; hanno sessanta, settanta, ottant'anni, sono donne morigerate e rispettabili, impazzirebbero di vergogna se potessero sapere ciò che le trascina su e giù per il mondo. Eppure se nei viaggi non ci fosse quel barlume romanzesco e inverosimile, mai si muoverebbero di casa. Il vagabondare di frontiera in frontiera, di albergo in albergo, diventerebbe un supplizio. E il fatto universale della poesia? Come mai tanti paesaggi, selve, giardini, spiagge, fiumi, alberi, crepuscoli nei versi alla donna amata? Perché nella natura, i poeti, più ancora degli altri riconoscono il riferimento fatale. Le torri antiche, le nuvole, le cateratte, le enigmatiche tombe, il singhiozzo della risacca sullo scoglio, il piegarsi dei rami alla tempesta, la solitudine dei greti nel pomeriggio, tutto è un'indicazione precisa a lei, la donna nostra, che ci incenerirà. Ogni cosa del mondo congiurando con le altre cose del mondo in complotto sapientissimo per promuovere la perpetuazione della specie.



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Detto questo ti saluto. Parto alla volta dei Generosi Abbruzzi, fino a settembre inoltrato, per promuovermi la perpetuazione delle vacanze – arf arf.


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