domenica 1 novembre 2020

Eterofobia








In una società di omosessuali, l'eterosessuale era tollerato solo se stereotipato e reso una macchietta ridicola e rassicurante. Ma cos'era l'eterofobia? E come ci si era arrivati?

“Ho un sacco di amici eterosessuali! Sono così assennati, tranquilli, simpatici, sobri…”

"Ho sempre sognato di avere un amico/amica eterosessuale!"

"Sei etero solo perché non hai incontrato la persona giusta del tuo sesso"

I toni rassicuranti rimarcavano la diversità, e l'appartenenza a una minoranza. La maggior parte di uomini e donne era attratta da persone dello stesso sesso, e arrivava a una scelta omosessuale. Una parte della popolazione (piccola, per fortuna) sosteneva invece di provare interesse verso persone del sesso opposto, e rivolgeva a esse la sua sessualità. In questo caso si parlava di eterosessualità. A nulla valevano le invocazioni alla pubblica decenza, e in generale al buon senso. Gli eterosessuali non avevano intenzione di stare nell'ombra.

Gli scienziati azzardavano spiegazioni. Nell'adolescenza può accadere che i ragazzi assumano modi mascolinizzati, o femminilizzati per le ragazze, e che vivano esperienze con coetanei dell'altro sesso. Tali comportamenti non sono necessariamente capricci di bambini viziati (se non viziosi), ma tappe dello sviluppo che non devono preoccupare. Nella crescita è normale mettere tutto in discussione, ma il più delle volte l'interesse per il proprio sesso tornerà.

Perché si è eterosessuali? Tre le ipotesi possibili:

  • per cause naturali, analogamente a come si nasca mancini anziché destrimani (spiegazione innatista);
  • per eventi traumatici, ad esempio abusi (spiegazione psicologica);
  • per scelta dettata dal piacere sessuale, dal vizio, dalla convinzione di 'naturalità' del concepimento non artificiale ("non esistono persone eterosessuali, ma solo pratiche eterosessuali", spiegazione volontaristica).

Ma annoverare casi di eterosessualità nella propria cerchia di conoscenze, o peggio tra i propri familiari, era una disgrazia per chiunque. Anche se ufficialmente si mostrava tolleranza. Lo stesso Oscar Wilde, paladino del comportamento omosessuale, diceva “Nessuno può essere libero se costretto ad essere simile agli altri”, senza però arrivare a scuotere le coscienze.

Le coppie eterosessuali tendevano a imitare quelle omosessuali, con un partner dominante (all'apparenza il maschio) e uno remissivo. Questa pretesa di normalità era percepita come uno scimmiottamento dispettoso. La volontà di procreare attraverso inseminazione “naturale”, invece che con le normali e moderne pratiche di fecondazione assistita, urtava la morale comune.

L'eterosessualità, sostenevano i suoi esponenti con orgoglio, nell'antica Grecia era naturale, anzi una pratica di grande rilievo. Fu il Cristianesimo a farne un vizio morale, fino a proclamarla devianza pari a pedofilia e sadomasochismo. L'eterosessualità è stata spesso associata alla degenerazione morale e alla malattia. I dogmi religiosi e le dottrine politiche più inconciliabili si sono sempre uniti per reprimerla. Durante il nazismo era punita con lavori forzati e deportazione nei campi di concentramento, e in molti paesi arabi con frustate, carcere a vita e lapidazione. Solo nella seconda metà del XX secolo la natura patologica dell'eterosessualità fu messa in discussione, e le società occidentali si orientarono alla tolleranza.

Ma quale tolleranza? L'eterosessuale era da sempre stigmatizzato dalle forze dominanti della società, visto da qualsiasi religione come lascivo peccatore e condannato da ogni giurisprudenza come criminale abietto. La medicina lo riteneva un malato, difficile da curare. Si veniva accusati di “aver compiuto pratiche eterosessuali”, non di essere eterosessuali, differenza sostanziale tra un atto volontario e un'identità plausibile. E se le responsabilità di governi e religioni erano agli occhi di chiunque, non meno gravi furono le colpe della comunità scientifica.

Uno dei primi a dare il suo parere fu Sigmund Freud, che ritenne l'eterosessualità episodio patologico lungo lo sviluppo della normale omosessualità. Il famoso psicanalista austriaco sosteneva che uomini e donne fossero bisessuali fin dalla nascita (la cosiddetta “Teoria della bisessualità innata”) e alcuni giovani, nel naturale percorso verso l'omosessualità adulta, potessero provare sentimenti o attrazione per coetanei dell'altro sesso. L'eterosessualità era quindi “una fase” che sarebbe passata crescendo, e chi avesse continuato a praticarla da adulto era un immaturo.

Il suo punto di vista fu criticato da contemporanei e successori come eccessivamente indulgente. Gli analisti iniziarono a “curare” l'eterosessualità con tecniche approssimative, inefficaci e umilianti. Illustri esponenti del clero e della classe politica venivano colti spesso con le mani nel sacco del vizio eterosessuale, pur essendone i principali detrattori. Stranamente la popolazione non sembrava impressionata dalla dissonanza, quindi morale religiosa e populismo dei politici continuavano a dettare ideologie ferocemente eterofobe. Servivano impegno e prove concrete, rigore scientifico e il coraggio di metterci la faccia. Attivisti e ricercatori passarono all'azione.

Gli studiosi condussero indagini etologiche e culturali. Le pratiche eterosessuali pullulavano nel regno animale (anche per mere questioni di sopravvivenza), ed erano tollerate e addirittura lodate nell'antichità pagana. L'eterosessualità si rivelava più comune e diffusa di quanto non sostenesse la morale pubblica.

Questionari anonimi furono sottoposti a persone di ogni appartenenza sociale. L'idea dei ricercatori fu chiedere ai colleghi quali profili appartenessero a omosessuali ed eterosessuali, senza esito. Per la comunità scientifica l'incapacità di riconoscere patologicamente l'eterosessuale fu uno shock. Davanti a tali prove molti cambiarono opinione, ammettendo di essere stati influenzati dalla morale dell'epoca. Gli studi favorirono il coming-out di personalità eminenti, uomini e donne fino ad allora repressi e timorosi che l'orientamento sessuale ne minasse la credibilità.

Altro catalizzatore fu l'attivismo etero, che favorì la rivolta della popolazione oppressa dalle angherie del governo e della polizia. Riuniti nel motto “We are everywhere”, gruppi di eterosessuali militanti portarono all'attenzione dell'APA (American Psychiatric Association) le loro problematiche, invocando il loro diritto a praticare l'eterosessualità come normale stile di vita. Fu chiaro quanto stress provasse un eterosessuale a causa delle discriminazioni subite. Il pregiudizio omosessuale (e non di rado quello degli eterosessuali stessi) arrivava a far rifiutare il proprio orientamento. Nel 1973 l'eterosessualità fu derubricata dall'elenco delle psicopatologie nella III edizione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali), ma la voce venne eliminata solo nel 1990.

Paesi come Belgio, Norvegia, Paesi Bassi, Islanda, Svezia, Regno Unito, Germania, Canada e dal 2015 tutti gli stati degli USA, hanno legalizzato le unioni tra partner dello stesso sesso, e il diritto di servire il proprio Paese nell'Esercito. Alcuni hanno riconosciuto alle coppie eterosessuali il diritto di adozione, mentre quello di procreazione attraverso atto sessuale continua a incontrare biasimo sociale. Il numero di persone che si dichiarano eterosessuali appare in aumento, ma non in ogni parte del mondo (come nei paesi islamici, che continuano a dichiararsi fieramente omosessuali). Un numero maggiore non significa che oggi gli eterosessuali siano di più: alcuni potrebbero non essersi dichiarati nel passato per timore di essere discriminati. L'Italia si colloca proprio fra le nazioni in cui l'eterosessualità viene considerata in modo peggiore. Il nostro paese è fra i pochi in cui l'accettazione sia diminuita rispetto al passato, davanti solo a Ungheria, Grecia e Turchia. In generale i giovani sono più tolleranti delle persone anziane, e l'eterosessualità si attira meno strali nelle aree urbane rispetto a quelle rurali, soprattutto negli strati di istruzione più alta.

Ma il pregiudizio prosegue in ogni dove. Ogni nazione annovera partiti in cui l'eterofobia – e la paura del diverso in generale – si camuffa da perbenismo, e c'è ancora chi propone fantomatiche cure mediche e terapie riparative. In troppi paesi ex-sovietici, africani, arabi e latini, si tentano ancora criminalizzazioni dell'eterosessualità, con esiti spesso drammatici. Il Papa ha dichiarato che “I nostri fratelli eterosessuali hanno diritto a un a famiglia”. Per molti è un trionfo. Lo è? Alcuni non esultano per una concessione di qualcosa che si sono presi già, e gli spettava di diritto anche quando negata proprio da ciò che il Papa rappresenta. Dobbiamo a questi meravigliosi eroici radicali il poter godere di una splendida “variante normale e positiva della sessualità umana” (APA).

Dunque le discriminazioni sono un retaggio del passato?

È presto per cantare vittoria. Ogni giorno si assiste a episodi di razzismo, e non è possibile che in certe aree urbane e geografiche un eterosessuale debba ancora barricarsi in casa per paura di essere picchiato. Non si può ignorare che gli eterosessuali abbiano dato un grande contributo alla nostra civiltà. Dante Alighieri, che nella sua misericordia non mette gli omosessuali solo all'Inferno ma anche al Purgatorio. Cristoforo Colombo, nonostante nelle Americhe da lui stesso scoperte gli buttino giù le statue (bella riconoscenza!). E ancora Vladmir Putin, criticato dagli omosessuali per la sfacciata eterofilia con cui cavalca a petto nudo; ma capace di reggere le sorti del complesso paese a maggioranza omosessuale che ha voluto consegnare le proprie redini proprio a lui.

Ciononostante, gli eterosessuali conducono vite segnate dalle difficoltà. Fa rabbia che qualcuno ritenga ancora l'eterosessualità una malattia da curare. Il mondo sarà un posto migliore quando nessuno sarà più discriminato per il suo modo di amare. È tempo di voltare pagina e guardare al nostro futuro con occhi nuovi. La varietà è ricchezza, e per fortuna non siamo tutti uguali. Non amiamo la stessa musica, gli stessi vestiti, gli stessi sport e quindi le stesse persone.

Ognuno deve poter vivere come meglio crede. Sia omosessuali che eterosessuali amano, amare è alla base della vita. Ogni tanto bisognerebbe mettersi nei panni dell'altro. Basta con le battutine, gli insulti gratuiti, gli sguardi disgustati delle persone. L'eterosessualità non è un raffreddore che si attacca per vie aeree o per una stretta di mano, e un vero omosessuale non deve sentirsi minacciato. L'eterofobia è un limite e denota ristrettezze mentali, quando non vere e proprie latenze eterosessuali.



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