domenica 12 giugno 2011

Sapientino.

Una delle cose belle della vita è come impari le parole. Soprattutto, certe parole.
Prima le senti, e ti colpiscono. Poi impari a piazzarle nel giusto contesto, e certe volte è divertente assistere alle facezie involontarie di chi non vi ha messo la giusta cura. Poi magari dopo anni e anni ti rendi conto che una parola universalmente non esiste.

Soprattutto uno col padre gran giocoliere di parole, da cui immodestamente avrò ripreso, ne convengo; oppure uno che, due minuti dopo aver imparato a leggere, si è intrippato del Braccio di Ferro di Segar degli anni '30.

Si dà il caso (bello, anche “si dà il caso”) che io unisca nella mia persona sconfinata entrambi i tizi.
Tempo fa, una mia amica/conoscente flautista per iscritto mi apostrofò con un “oh, scalmanato Vili”. Io nella circostanza ebbi fremiti di piacere, e solo adesso razionalizzo. Esiste “scalmanare”? non mi scocciare colla tua pedanteria, da qualche parte so purìo che probabilmente attiene a storie di barche, o cavalli, non so.


Ma si può dire, di uno che uscendo dalle acque deliziose & salmastre di un mare di giugno portando imperiosamente la fronte verso il cielo, che si è fatto i capelli “alla Mascagna”? e se s'ode un boato all'improvviso, senza che per questo l'aria tutt'intorno si faccia sulfurea, mi si capisce se chiedo “chi ha fatto un put”?

E che mi dici di sparadrappo, pellaschera, brebba, scapicollarsi, Pappagone, fraffo?


E scalcagnifica, regge l'accusativo, è transitivo, intransitivo?

e soprattutto, qualsiasi cosa regga, per quanto ancora continuerà a reggerla?

Intendiamoci. Io ho adesso gli strumenti per ricostruire una corretta etimologia, ma a che pro? Non è più bello rimanere coll'interrogativo?

Tempo fa, a una che si sta diplomando in jazz al conservatorio, che però condivideva i miei stessi blocchi musico-improvvisativi, esponevo la mia teoria solita. A scuola impari la grammatica, l'analisi logica, la sintassi, i congiuntivi; ma poi quando parli mica a ogni verbo detto ti metti a pensare “e mò questo che areggerà?”. Tu parli e via, perché hai talmente studiato, letto, scritto, talmente parlato – questo è il punto – che hai generato un automatismo, e il parlare quando si presenta l'occasione non è nulla di eccezionale, nel quotidiano.


Colla musica invece questo non succede. Quando suoni ti senti giudicato, come al saggio di pianoforte delle elementari. Alcuni imparano migliaia di frasi, e sono capaci di suonarle in ogni tonalità sul giusto contesto armonico. Tu pensa una cosa del genere nel parlato. Ridicolo. Ci sono persone che fanno così, e non comunicano per un cazzo. Sono pochi quelli che veramente parlano, con uno strumento.

Lei giustamente mi ha risposto che uno a parlare ci prova da subito, a una certa si mette pure a studiarne le regole, ma impara prima a esprimersi e poi a farlo in modo composito. Mica puoi prendere un neonato e mentre provi a fargli ripetere “mammà&papà” gli incerotti un flauto dolce tra le labbra.

Ecco in definitiva perché “gangarone” è e sarà sempre meglio di qualsivoglia semibiscroma o di re diesis semidiminuito.



Parole, parole, parole. Braccio di ferro a un certo punto commentava l'operato di qualcuno dicendo “che ligera” - o era staccato, “li gera”? Quel bauscia (altra cosa che è bello non saper bene cosa voglia dire) del Riccioletto, dall'alto del suo milanesismo acquisito, ha scoperto che la ligera era tipo la malavita milanese. Come pure quell'altro appellativo, “piangina”, con cui Dante Bertolio apostrofava Poldo Sbaffini dopo avergli vinto delle biglie in una storia in cui entrambi avevano bevuto l'acqua della Fonte della giovinezza; esiste veramente, e certo non a Roma o negli Abbruzzi Sconfinati.

È bellissimo, bellissimissimo, come impari le parole. Non è che arriva uno e te le spiega. E se pure viene, in genere ti rovina tutta la poesia. A meno che non sia uno che di stare al mondo ne capisce come ne capisce Un Riccioletto.

Come impari le parole è una delle cose belle della vita.
Una cosa brutta della vita è invece tutto il resto, fatte salve le sigarette e qualche altro centinaio scarso.



giovedì 2 giugno 2011

Lezione – concerto.







Bòni – porcodio, state bòni.

Chi di voi, gentili uditori, sa dirmi cosa rappresenti questo segno?








“La lettera Effe dell'alfabeto greco”; bravi, vedo che tra voi c'è chi ha fatto il classico.

“La Sezione aurea, cioè il rapporto tra la parte maggiore e quella minore di un segmento ovvero quello tra il segmento intero e la parte maggiore”; qui abbiamo addirittura degli studiosi di architettura, o di biologia, o di astronomia o di pittura.

“La fase di un'onda, ovvero il punto d'inizio di un'oscillazione”. Uau. Addirittura qualche fisico.




 


Ebbene, signori miei. Tutte le opinioni espresse sono plausibili, poiché contengono tutte una parte della verità.
 
“φ” è una lettera – e che lettera, addirittura una Iniziale, nella circostanza. Ed è Aurea, armoniosa come vogliono questi altri. Architettonicamente, biologicamente, astronomicamente e pittoricamente armoniosa.

 
E - signori miei - “ φ” non è un inizio. È l'Inizio, di ogni oscillazione violenta.

 


Il fatto è, cari signori, che voi incubate uno dei mali peggiori dei nostri tempi. Siete poco fantasiosamente intrisi di Semantica, mancando colpevolmente di coscienza semiotica. Se ne aveste, avreste riconosciuto senza dubbio il Significato, e non solo alcuni tra i significati.

“φ” è prima di tutto un segno. Un ideogramma, un geroglifico. Quello da cui tutto parte, e tutto spera di arrivare. Guardate a  φ graficamente, cari voi, e capirete.

Ancora niente, eh. Ebbene. Necessitate di un ajutino, la rovina del millennio. Eccolo qua.








Ora sì. Questa φ ce l'abbiamo tutti ben presente. Cioè: chi più, chi meno.

Di questa φ stavolta è nota la forza trainante. Che si vuole superiore addirittura a quella bovina, trainante per antonomasia. Potenzialmente e cinematicamente travolgente, stavolta ha intrappolato nelle sue vulve hypnotiche un robò. Accidenti sì: un fresso, inzenzybbile robò.

Lo sentirete contorcersi nei suoi rovelli analogici, angosciarsi nell'ambiguità dei suoi stati continui. Per poi prorompere in un lamento digitale, di improperi a stati discreti ovvero discontinui, in cui i grigi si fanno bianchi sparati o neri buii, le elaborazioni elettroniche superate dai manicheismi numerici.

Ascoltatene la sofferenza, pietosi signori. Prestate orecchio a questo giovine garbuglio d'inesperti circuiti elettrici; e ascoltandolo compatitelo.




Pelo di φ by OID music

domenica 21 novembre 2010

Questo folle sentimento.













 

La cosa bella di Fare l'amore è che poi, indubbiamente, hai Fatto l'amore.

C'è qualcosa di nuovo, poi, nell'aria. Anzi: d'antico? Checcazzo ne so, io.
Io so solo che è molto molto diverso da ciò che si respira dopo altri piaceri. Dopo aver mangiato, dopo aver preso lo stipendio, dopo aver mandato affanculo uno che andava pianissimo sulla corsia di sorpasso.

A differenza di queste altre cose, più convenzionali, dovrei dire?, dopo aver Fatto l'amore, per molte ore a venire, hai la percezione di una normalità strana. Ti sei dato una sistemata. Guardi le facce, le stesse facce che coL Riccioletto ogni tanto ci diciamo “Ma hai visto che facce che ciànno, tutti quanti? tutti che fanno i vaghi, tutti che sembrano assolutamente non interessati al Fare l'amore, guarda come procedono al piccolo trotto sui marciapiedi, nei loro fasci di rette parallele eppure divergenti; tutti che cercano di ssimulare la loro gran voglia di Fare l'amore, eppure tutti che ivi si regolano le trajettorie. Guarda quel signore che ha appena comprato il giornale, sperando di leggerlo subito prima o subito dopo aver Fatto l'amore; o quel ragazzo là, che porta a spasso il cane nella speranza di attaccar bottone con qualche proprietaria di cane fino a Farci l'amore. Quell'adolescente che esce dal negozio coi plettri nuovi per schitarrare ai falò e cercare di Fare l'amore, o quella donna dal parrucchiere, a farsi un taglio che accresca l'imminenza del suo Fare l'amore. Tutti che fanno finta di niente, eppure tutti nati da tizi che hanno Fatto l'amore. Quanto amore, dio maldestro; e allora com'è possibile che su quelle facce serie non ci sia lo straccio di 1 indizio di amore Fatto o Fatturo?”

Io non lo so, ma quelle rare volte che poi Faccio l'amore, poi mi viene da ridere. Dopo aver Fatto l'amore mi guardo attorno, tutta quella gente che dissimula, e nella testa gli dico “ci credo che dissimuli, stavolta se c'è uno che ha Fatto da pochissimo l'amore e che per questo per un po' sta a posto, quello stavolta sono io. Ahr ahr, chissà da quando tu, o tu laggiù, non Fate l'amore. Che ne sapete voi: stronzi”.

Che ridere, dopo aver finalmente Fatto l'amore. Non so, ti viene mai da ridere a te, dopo aver mangiato qualche alimento, per quanto buono? provi forse il desiderio di correre e saltellare per tutta la città, dopo esserti dissetato coccqualche bevanda particolarmente fresca? Io non lo so, ti vedo sempre così poco preso dalle cose, così poco entusiasta. A me un amore Fatto mi basta per non so quanti mesi o anni di risate, poi però è vero, torno triste, e allora ho bisogno nuovamente di pensare a come riFare l'amore.

In questo, trovo che Fare l'amore sia veramente particolare. Anche se odio l'aggettivo “particolare”, mi sembra da decerebrati farne uso, troppo spesso la gente per darsi parvenze sofisticate (bleah) giudica una cosa particolare senza specificare per cosa, e d'altronde se lo specificasse non servirebbe a niente aver premesso la sua particolarità, che nel frattempo sarebbe diventata pleonastica. Eppoi ciò leva a me che non centr'o niente la serenità di definire particolare il Fare l'amore, e dimmi tu se non ho ragione a trovare particolare questa pratica così, come dire, particolare.

È particolarissimo, che tu lo voglia o meno, che un piacere poi sfumi e perduri in sensazioni così allegre. Io quando sono satollo di altri piaceri (“Groan! sono satollo”) sono contento, ma non è che ci trovi niente da ridere. Mentre l'amore, quando finalmente l'hai Fatto, è così esilarante. Ti rimette a posto, io non posso dire che il mangiare o il respirare “ti rimettano a posto”, perché più che altro se non li pratichi regolarmente, da un posto ti ci levano, e cioè dall'elenco dei vivi. Invece l'amore Fatto ti stende i lineamenti, ti spiana le rughe, ti fluidifica per bene all'interno e all'esterno, ti concede finalmente di concentrarti sulle cose senza più quel ronzio di sottofondo per cui stai sempre a rrovellarti sul come Fare l'amore.

E poi e poi, din din, din din din din din din - c'è quel fatto che dopo, nello Zucchino d'oro in cui usualmente
ti fai i ragionamenti, ti senti veramente furbo. Furbo, furbo, FURBO!
Furbissimo.

Se accetti un buon consiglio, cerca di Fare un po' di più l'amore. È l'unica cosa che ti solleva per 1 po' dal dover Fare sempre l'amore.

venerdì 10 settembre 2010

La Vacanza.






















Salve! permette una parola?

Prego.

È da un po' che La vediamo capitare da queste parti. Forse il signore è interessato a uno dei nostri pacchetti last-minute? ne abbiamo di magnifici, c'è molta scelta e a condizioni davvero interessanti.

No, in realtà giro, sì, ma non ho una meta precisa.

In questo caso voglia accomodarsi un attimo, prego. Le presenteremo le nostre offerte migliori in un minuto.

Ma sì, perché no, devo ammettere che mi ha incuriosito.

Non faccia caso al viavai che vede, qui è normale e dopo un po' ci si abitua, io non ci faccio nemmeno più caso. E poi, deve ammettere che, per un posto come questo, un tale flusso di persone in ingresso e in uscita sia la migliore pubblicità.

Ma mi dica, la prego.

Ahah. La Sua peculiare determinazione mi fa ritenere che anche Lei potrebbe trovare interessante una destinazione che ultimamente va per la maggiore.

Sì?

Ora provo a descriverla. Mi segua con attenzione, perché sono sicuro che non ha mai immaginato che un posto simile potesse esistere.

La prego, ponga rimedio lei a questa mia mancanza di fantasia.

Mi complimento per il Suo umorismo. Sono sicuro che farlo non sarà affatto difficile.
Si guardi. È fermo, non ha una particolare postura, mi perdoni se Le dico che prima di questa conversazione Lei non aveva l'aria di divertirsi più di tanto. Lei non sembrava affatto prendersela a cuore.
Si immagini adesso arrivare in un posto dinamico, animato da persone sui cui volti si legge una destinazione, ma soprattutto uno stato d'animo, ben determinati ad ogni istante.

Da come lo descrive, quello potrebbe essere esattamente il posto in cui io e lei ci troviamo in questo momento. Cos'ha di diverso al punto da farmi venir voglia di esserci?

Tutto. E questa è anche la chiave migliore, per capirlo. In questo posto c'è Tutto. C'è anche quello che non c'è, perché ce lo porta chi vi viaggia, una volta arrivato, per il semplice fatto di esserci.

Cosa vuol dire “c'è tutto”? come si fa a dire Tutto? ci sono forse cose che a me e a lei, in questo momento, non è dato avere?

Non avrei saputo spiegarglielo con parole migliori. Anzi mi permetta di prendere un appunto, com'è che ha detto? “Cose che
finora non ci era dato di avere”. Se mi permette, lo segnalerò tra gli slogan della prossima stagione.

Faccia pure, ma adesso la prego: venga al dunque. Non mi è affatto chiaro cosa ci sia di interessante in questo posto.

Prima Le chiedevo di notare la Sua, anzi la nostra particolare condizione. Io e Lei stiamo parlando. La nostra conversazione episodica, pur non avendo nulla di particolarmente eccezionale, è qualcosa che ha spezzato una Sua dinamica che in precedenza, mi perdoni l'ardire, era inconsistente.

Sì?

Provi a immaginare questo. Lei arriva in un posto dove trova Tutto.

Tutto che?

Tutto. Ogni cosa. Ogni merce. Ogni clima. Lei potrà aver caldo e sudare. Lei potrà aver freddo, e doversi coprire. Potrà nuotare o navigare sull'acqua, camminare, inciampare, correre sulla sabbia, sulle rocce, sulla terra battuta. Potrà sciare sulla neve. Nel posto di cui parlo sarà giorno e insieme notte. Ci saranno albe e tramonti, e avranno luogo nello stesso istante. Potrà trovarsi al crepuscolo o nella luce del mezzogiorno. O in piena notte, se preferisce. Sono lieto di poterle parlare di come i nostri tecnici abbiano realizzato l'improbabile. C'è un angolo per ogni istante, e gli istanti coincidono tutti insieme e allo stesso momento.

Crepuscolo? notte? mezzogiorno?

Provo a spiegarle. La vede, questa lampadina? fa una luce che permette a me e a Lei di guardarci in faccia, in questa stanza.
Vede? in questo momento, si può dire, ci sovrasta. Ma è equidistante da entrambi. Adesso immagini che al Suo ingresso qui, la sua luce fosse esattamente sopra di Lei, e mano a mano che parliamo, essa si spostasse su un binario verso la parte opposta di questa stanza.

Ebbene?

Avremmo creato una lista infinita di illuminazioni in successione. Un Mezzogiorno e prima un'Alba, e alla fine una Notte. Adesso provi a immaginare, per esempio, che il binario possa scorrere su un piano vicinissimo al Suo, o su uno parallelo ma più alto. Lei avvertirebbe il calore, oltre alla luce, di questa lampadina. Avremmo le Estati, gli Autunni, gli Inverni. A esser fortunati, potremmo collezionare Primavere in un numero anche consistente.
Ma ciò che di sbalorditivo ha questa offerta è che il Posto in cui possiamo mandarLa può immaginarselo come la sovrapposizione di ogni singolo fotogramma che Le ho descritto. Un posto in cui c'è una sola, potentissima, lampadina. Che sorge e insieme tramonta, che La scalda e allo stesso tempo è troppo lontana per riuscirci. Tutto insieme; contemporaneamente. Come se stavolta fosse la lampadina ad essere ferma, e la stanza che ci contiene invece si muovesse. Lei si troverebbe ad ogni istante in un punto preciso della stanza, ma in quell'istante esisterebbero infiniti punti per ognuna delle infinite combinazioni di luminosità e calore possibili. Chiaramente, Lei potrà provare una sensazione alla volta, ma una volta sul posto si renderà subito conto di come questa politopia, se così possiamo definirla, sarà possibile.
Naturalmente, la cosa è molto più complessa di come ne parlo. I nostri architetti hanno ideato un sistema di rotazioni combinate, letteralmente Rivoluzionario e a dir poco Celestiale. Ma credo di averne descritto gli effetti in modo adeguatamente funzionale.

Ammesso che questa cosa possa interessarmi, perché dovrei imbarcarmi in un viaggio che immagino avrà un modo e una durata non indifferenti?

Lei ha ragione. Un viaggio che La porti in una destinazione simile non può che essere lungo. Diciamo qualche mese. E come ogni viaggio anche questo, non lo nascondo, presenta disagi e qualche rischio. Ma Lei si sorprenderà delle moltitudini, e della loro varietà, che avranno fatto questo viaggio. In più Le garantisco che, dall'esperienza di molti viaggiatori, di tutta la Vacanza la parte che più rimane impressa e più viene rimpianta, è proprio quella del Viaggio.

Com'è, quel termine che ha usato? la “Vacanza”?

Sì. E questa è un'altra delle condizioni vantaggiose che Le offriamo.

Non capisco.

Ora Le dico. Un attimo fa, parlavamo di Dinamica. Lei entrando qui, e intraprendendo con me la nostra conversazione, ha innegabilmente interrotto la sua condizione preesistente, variando seppur di poco il suo status quo ante. Mi perdoni per la sfacciataggine, ma in questo nuovo momento io La vedo Interessata. Non attribuisco questa sua nuova condizione a mie particolari qualità. Io mi permetto di dirLa Interessata perché ascolto le Sue domande, e Le do delle risposte. Che appagano le Sue curiosità, e ne generano altre. Io La vedo interessata nel momento stesso in cui Lei entra in questa stanza alterando in qualche misura la Sua condizione preesistente. Quando e se L'annoierò, Lei se ne andrà. E allora anche la noia (di cui preventivamente mi rammarico) sarà un nuovo stato d'animo, ed è questa collezione di fasi che io chiamo Dinamica. Dinamica, ovvero Collezione di Intensità. Mi perdoni se dico cose apparentemente scontate; non voglio assolutamente insultare la Sua intelligenza e le Sue capacità immaginative.

Si figuri. Ma deve ancora spiegarmi cosa intende per “Vacanza”.

Ci arriviamo. Ma mi serve questa lunga premessa, apparentemente banale, perché il posto di cui provo a parlarLe (e che meriterebbe ben altro e più capace mentore) ha delle caratteristiche davvero sorprendenti.
Cerchi di immaginare, adesso, che sia possibile ampliare la gamma di sensazioni possibili da provare. Non c'è più solo curiosità o solo noia, o l'apatia che precedeva il Suo ingresso nei nostri uffici. Nel posto in cui noi possiamo mandarLa, avere sensazioni sarà possibile davvero. In qualità e quantità sorprendenti. Scoprirà, nel momento in cui avremo il piacere di svolgere questo nostro incarico anche con Lei, come le forze che dinamicamente si alternano laggiù (o lassù, perché come le dicevo le direzioni saranno Tutte Insieme ovvero non ci saranno direzioni), quelle forze saranno ben difficilmente resistibili. Lei potrà cibarsi dei cibi più diversi, gustare i sapori più nuovi, e trarne forze imprevedibili. Potrà annusare da un campionario di odori che sarebbe ingenuo provare a raccontare. Vedere posti lontani. Toccare cose nuove. Provare piaceri inconfessabili.
Ma la cosa che veramente costituisce la differenza essenziale tra chi si concede presso di noi una Vacanza e chi no, sta nella Vacanza stessa.

Cioè?

La annoio con un'altra banalità. “Vacanza” vuol dire mancanza. Vuoto. Non sarà la varietà delle fasi, ad ampliarle la dinamica. Ma la loro mancanza.
La genialità della cosa sta nel suggerirle di Prendersi una Vacanza. Riesce a cogliere? Lei non sapendo niente, non manca di niente. Quando Le faremo rendere conto, Lei finalmente prenderà su di sé la Vacanza.
Non avere cibo La farà accorgere dell'esistenza del cibo stesso, come e più dell'averlo. Scoprirà nella puzza (che proprio a questo è necessaria) il senso dell'odore. Nel disgusto, il valore del sapore. Lei Amerà, e ne sarà devastato. Non sarà corrisposto, e tutto perderà di senso. Come perderà senso quando sarà amato, ma in un modo diverso ed estasiante. E Lei saprà cosa sia l'Estasi solo quando conoscerà l'Orrore suo contrario. Per avere dovrà perdere. Dovrà ignorare, per sapere.
Per vivere, dovrà morire.

Io non voglio. Mi sembra immorale, ciò che qui lei propone. Sono sicuro che lei vende la peggiore delle droghe, e visto che non vedo in giro tariffari né mi ha ancora parlato di prezzi, ne concludo che lei sia un sadico, o lo sia chi da lei si fa rappresentare. Non vedo l'ora di essere fuori da qui, signore mio, perché quello che oggi ho ascoltato mi sembra, e questo è il peggio, non del tutto privo di un'attrattiva su una mente selvaggia. Il che poi è il vero pericolo. Voi fate leva sui peggiori istinti, peggio! voi ne fate nascere a chi ne era totalmente privo.

Lei che si immagina felice una volta uscito da questa anticamera, può farlo solo perché oggi vi è stato. Lei mi deve tutto, perché prima di incontrare me non possedeva niente. Niente sapeva. Mentre ora sa.

Mi lasci in pace.

Lei non capisce. Lei ora Desidera qualcosa, o il suo contrario. Tra i nostri clienti abbiamo chi desidera unicamente di partire e chi ne è terrorizzato. Chi, una volta sul posto, si gode ogni momento; e chi maledice ogni istante della sua permanenza. Chi non vorrebbe mai andarsene, e chi lo fa in anticipo, sopprimendo ogni buon senso e attirando su di sé il biasimo di tutti. Sono i meno numerosi, a dire il vero, perché non si rinuncia così presto alle Possibilità. Ma ciò che accomuna l'insoddisfatto al non rimborsato è La Vacanza. Per attirarLa qui, io Le ho dato qualcosa. Curiosità. Lei ne ha presa, e ora sa di cosa manca. Di Tutto. Le dicevo che Laggiù (o Lassù, o a sinistra o a destra o dietro o davanti, o tutt'intorno o in nessun luogo) troverà Tutto. Lo so, ne sono certo, perché è Lei che ce lo porterà. Ne trasferirà per noi l'essenza provandone la mancanza, cioè con la Sua Vacanza. Lei non ha niente, e questo ci dà Tutto. Per ogni cibo che laggiù Le sarà dato, Lei saprà immaginarne infiniti, e li desidererà. Lei li inventerà per Noi, desiderandoli. E così, Lei Ci darà Tutto.

Ora io me ne vado.

Ora lei se ne andrà, e sarà amato ed odiato, amerà e odierà. Spesso senza alcun sincronismo.
Perché il momento in cui Noi le abbiamo rivolto la parola, quello è il momento in cui lei è stato concepito. Prima lei niente sapeva, ed era niente. Adesso per Noi tu sei Tutto, e non finirai mai di esserlo.
Vieni qui, Figlio. E tu spingi, moglie.

martedì 10 agosto 2010

Il sol dell'avvenire.

Ma tu ti sei mai chiesto perché trovo sempre così belle le foto di un tramonto o un'alba?

Per non parlare degli originali. Solo che in genere nel frattempo sei distratto dall'esistenza. Non ricordo se l'avevo già scritto da qualche parte, ma una volta ho proposto a quella che credevo sarebbe stata la mia compagna di vita un gioco, che da sempre mi riservavo di giocare con una davvero speciale.

Guarda che non ti volevo mettere tristezza, eh? Dopo tutto questo tempo ormai ci rido su, senti se non ci credi: ahaha. Però all'epoca è stata 1 bella botta. Di quelle migliori, le 2-3 volte che il cuore ti si frattura scomposto, e che poi ti lasci tornare in mente quando vuoi riprender forze dopo un brutto episodio di lascing.
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Eravamo in Sardegna. Giravano bei tramonti, da quelle parti. Hai presente, no? quanto veloce è il sole a tramontare. E anche a sorgere, ho riscontrato ultimamente. Probabilmente piotta a tutte l'ore, quello scimunito di astro (c'è una bestemmia criptata, uau! roba da alta Settimana Enigmistica). Però ci è dato saperlo solo quando la sua folle corsa tende a portarlo fuori dal nostro campo visivo. Questo perché, specialmente quando si tuffa in uno specchio d'acqua (possibilmente sterminato, salato e privo di meduse), o quando ne emerge, ha la geniale prerogativa di cambiare colore. In quei momenti sembra la paletta cromatica di Photoshop, quel vecchio bighellone (Fat Old Sun, lo vezzeggiavano i Pink Floyd in una canzoncina particolarmente hawaiana).

Il fatto è che al tramonto – aspetta un attimo; prima di andare avanti nella lettura metti su il primo album che trovi dei Nouvelle Vague, sennò di quello che ti dico come al solito non capisci niente – il sole al tramonto ti scompare da vanti agli occhi, se ti distrai anche solo un un attimo. Se lo guardi fisso, quello ti sta lì davanti e ti sostiene lo sguardo come il meglio bulletto di periferia. Gli basta anche un fugace battito di palpebre; te lo ritrovi a distanze di vari cm-luce (una frazione degli anni- luce).
Adesso, pur avendo schivato ogni interrogazione di Geografia Astronomica al liceo, ti getto là una profonda considerazione. Anche se a ben guardare suona un po' lapalissiana.

Il Sole in quei momenti è un grandissimo giocatore di 1-2-3 Stella.

Capito quindi, come si giocava a questo gioco? Macché.
Uff.
Tu dovevi tornare dal mare, per tempo & senza dire niente. Salivate in macchina, e zitto zitto cercavi 1 bel posto panoramico.
La strada sembrava quella di casa, ma a un certo punto ti mettevi perpendicolare all'orizzonte, col muso verso il mare, e spegnevi il motore.

“Perché ti fermi?”

“Perché volevo fare una cosa. Da sempre, la volevo fare. E adesso, per la prima volta, volevo farla con te.
Vedi che il sole stava per tramontare? Era da un sacco di tempo che stavo in fissa per una cosa. Volevo guardarlo mentre veniva giù. Guardarlo fisso, senza mai distogliere lo sguardo; finché non riuscivo a vederlo che si muove. Cioè, capito che dicevo? io non volevo più vederlo fermissimo a ogni istante, per 5 minuti in cui però quello partiva staccato dall'acqua e solo alla fine ci era finito dentro.
Io volevo vederne il movimento. Volevo vedere il sole che si muove. Secondo me, ce la potevamo fare. Troppo poco, dura 1 tramonto nelle sue fasi finali. Soprattutto, non volevo farla da solo, questa cosa. Sarebbe stato insostenibile. Avevo tutto il tempo per farla, prima. Ma adesso”, abbassando lo sguardo, “adesso stavo con te. Non ero più solo.”

“...”

“La volevamo fare, questa cosa? Dai, dai: facevamola! Sarebbe stata una ficata.”

“Ma dobbiamo comprare il pane, è finito il pane.”


In effetti, erano quasi le otto.
E non avevamo pane.
Non mi è venuto in mente quale majale di grido dicesse:
Non si vive di solo pane.
Adesso che lo ricordo, però, forse non l'avrei mica citato.



“... ma dai, forse ce la facevamo...!”

“...”

“ Oramai era quasi tramontato, il sole! bastavano giusto 5 min. e poi andavamo a prendere il pane!”

, lo spezziamo, lo diamo in fronte ai suoi discepoli e gliene diciamo quattro noi.

“... amore, non ce la facciamo. Dobbiamo andare a prendere il pane.”

“Ma dai, ma se una volta non ci mangiamo il pane a cena, ma cosa succede...”

“e a colazione? che mangio? che ci mangiamo?”

A quei tempi mi sottoponevo a 1 dieta durissima e mattissima.
In cui non valeva mangiare i carboidrati.
Sul furgone di quando andavamo a suonare,
tutti mi chiamavano Scatola de tonno.
Io appestavo il furgone dell'olezzo del mio Tonno&Ceci Riomare.
Gli altri, nel mentre, si approvvigionavano delle delizie colorate dell'Autogrill.
Il pane contiene il 1.000% di carboidrati.

Ho cambiato. Ho tolto i Nouvelle Vague.
Adesso ho messo More dei Pink Floyd.


La chiave gira nel quadro. “Erano cinque minuti. Solo cinque minuti.”

'Del cazzo', avrei voluto aggiungere. Erano proprio del cazzo, quei cinque minuti. Mai visti cinque minuti più del cazzo. Anche Green is the colour, qui, me lo rimarca.

Forse dovevo declinarmelo, quel cazzo, al genitivo? ma non stava bene. Poi piangeva lei, piangevo io, “scusa amorino mio sono stato uno stronzo”, e lei: “no, che ci facevo io con tutto quel pane vorrei sapere”.

Che significava capisco che per te quel gioco era importante, la tua rabbia mi ha fatto capire quanto, dovevo provare a giocarlo e vedere se piaceva anche a me, e dopo facevamo le nostre valutazioni, e sceglievamo se continuare insieme oppure no. Grazie della tua rabbia, amore mio. Senza non avrei mai capito niente, né quanto importante per te era giocare, né per me quanto fosse spaventoso.

Quel cazzo di genitale, forse era il Caso di declinarmelo, al genitivo. Magari adesso, undici anni dopo, la sera non stavo solo soletto a darmi ripetizioni di sintassi al computer.
 
~~~

Ma io non ti capirò mai, a te. Mi avevi fatto una domanda su certe foto di tramonti, e guarda quanto tempo mi fai perdere per arrivare al punto. Facendomi quasi diventare serio, io che invece cerco sempre di fare il buffone per far ridere i miei compagni.

Io non lo so, perché mi piacciono i tramonti. Che ne so, io? e le albe.
Cos'è, sono i colori? Tutti quei rossi, arancioni, viola, rosa, blé, celeste, verde, bianco? O sono gli interpreti della gig: mare, sole, onde, vento, scogli, gabbiani? o tutteddue le cose, mischiate assieme?
Allora perché, se vari il mix di pochissimo, tipo levando un po' di rosso-viola-rosa, il sole a picco sul mare delLa Mezza non è più la stessa cosa? cosa c'è, una ricetta, per cucinare un'emozione?

Sarà il significato? nascita-alba, tramonto-morte? In effetti, entrambe le cose sono cose forti.
Ed è possibile che dopo tante albàscite, e tanti tramòrti, stiamo lì, ogni volta a sorprenderci come se fosse la prima di uno spettacolo spettacolare?

Possibile sì. Siamo tarati per commuoverci a morte di fronte all'inizio della vita, e per strillare vividi davanti alla fine della morte. Ogni volta è la stessa storia. Ogni volta è così.

Pensa che stronzi.
 
~~~

Lei all'epoca leggeva Un amore, di Buzzati. In copertina c'è un suo disegno, il più geniale che abbia mai visto. Quasi mi piace di più come disegna, che come dipinge, Buzzati. Lui ne sarebbe stato contento, a suo stesso dire.
Io quel libro l'ho letto adesso, un anno fa. Buzzati è uno che ne sa.
Senti lui cosa ne pensa, se ti va.


Di colpo egli capì il significato del mondo visibile allorché esso ci fa restare stupefatti e diciamo
"che bello" e qualcosa di grande entra nell'animo nostro. Tutta la vita era vissuto senza sospettarne la causa. Tante volte era rimasto in ammirazione dinanzi a un paesaggio, a un monumento, a una piazza, a uno scorcio di strada, a un giardino, a un interno di chiesa, a una rupe, a un viottolo, a un deserto. Solo adesso, finalmente, si rendeva conto del segreto.


Un segreto molto semplice: l'amore. Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d'amore.


Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici? Che senso avrebbe la valle romantica tutta rupi e scorci misteriosi se il pensiero non potesse condurci lei in una passeggiata del tramonto tra flebili richiami di uccelli? Che senso la muraglia degli antichi faraoni se nell'ombra dello speco non potessimo fantasticare di un incontro? E l'angolo del borgo fiammingo che ci potrebbe importare o il caffè del "boulevard" o il "suk" di Damasco se non si potesse supporre che anche lei un giorno vi passerà, impigliandovi un lembo di vita? E l'erma cappelletta al bivio col suo lumino perché avrebbe tanto patos se non vi fosse nascosta un'allusione? E a che cosa allusione se non a lei, alla creatura che ci potrebbe fare felici?
Pensò alla finestra solitaria illuminata nella sera d'inverno, alla spiaggia sotto le rocce bianche nella gloria del sole, al vicolo inquietante e sghembo nel cuore della vecchia città, alle terrazze del grand hotel nella notte di gala, ai fienili, al lume della luna, pensò alle piste di neve nel mezzogiorno di aprile, alla scia del candido transatlantico illuminato a festa, ai cimiteri di montagna, alle biblioteche, ai caminetti accesi, ai palcoscenici dei teatri deserti, al Natale, al barlume dell'alba. Dovunque c'era nascosto il pensiero inconfessato di lei, anche se non sapevamo neppure chi fosse.
Quanto meschina sarebbe, di fronte a un grande spettacolo della natura, la nostra esaltazione spirituale se riguardasse soltanto noi e non potesse espandersi verso un'altra creatura.


Perfino le montagne che egli aveva intensamente amato, le nude scabre inospitali rupi in apparenza così antitetiche alle cose d'amore adesso assumevano un senso diverso. La sfida alla natura selvaggia? Il superamento dell'io? La conquista dell'abisso? L'orgoglio della vetta? Che spaventosa cretineria sarebbe, se consistesse solo in questo.


Difficoltà e pericoli diventerebbero ridicolmente gratuiti. A lungo egli aveva meditato al problema senza riuscire a risolverlo. Adesso sì. Nell'amore per le montagne si annidava clandestinamente un altro impulso dell'animo.
Se quando era ragazzo uno glielo avesse detto, e lui avesse potuto capire, ciononostante avrebbe sempre detto di no, che non era vero, per una forma di pudore. Così anche gli altri diranno di no, che è un'idiozia, che è retorica, romanticismo fuori tempo. Eppure, interrogati, non sapranno indicare altrimenti perché li commuove la burrasca marina o l'arco diroccato dei Cesari o la dondolante lanterna nel vicolo dei bassifondi. Mai confesseranno che in quelle scene c'è anche per loro il richiamo a un sogno di amore, nonostante il disgusto che una simile espressione possa dare.


Gli vengono pure in mente le carovane delle miagolanti befane venute dall'America che scendono dai pullman dinanzi ai musei e alle cattedrali. Forse che anche le sciagurate, nel girovagare da un paese all'altro, inseguono quel presentimento d'amore? Esattamente così, compatitele. Pure in quei ruderi standard pieni di salute resiste ancora, a loro insaputa, il richiamo; hanno sessanta, settanta, ottant'anni, sono donne morigerate e rispettabili, impazzirebbero di vergogna se potessero sapere ciò che le trascina su e giù per il mondo. Eppure se nei viaggi non ci fosse quel barlume romanzesco e inverosimile, mai si muoverebbero di casa. Il vagabondare di frontiera in frontiera, di albergo in albergo, diventerebbe un supplizio. E il fatto universale della poesia? Come mai tanti paesaggi, selve, giardini, spiagge, fiumi, alberi, crepuscoli nei versi alla donna amata? Perché nella natura, i poeti, più ancora degli altri riconoscono il riferimento fatale. Le torri antiche, le nuvole, le cateratte, le enigmatiche tombe, il singhiozzo della risacca sullo scoglio, il piegarsi dei rami alla tempesta, la solitudine dei greti nel pomeriggio, tutto è un'indicazione precisa a lei, la donna nostra, che ci incenerirà. Ogni cosa del mondo congiurando con le altre cose del mondo in complotto sapientissimo per promuovere la perpetuazione della specie.



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Detto questo ti saluto. Parto alla volta dei Generosi Abbruzzi, fino a settembre inoltrato, per promuovermi la perpetuazione delle vacanze – arf arf.


giovedì 22 luglio 2010

Teorema.



Facciamo un gioco.

Io, che sono sempre così logorroico, ti voglio dimostrare una cosa.

Però tu hai fatto tue un mucchio di idee arbitrarie tanto per darti un tono, e adesso le difendi collo stesso accanimento con cui 1 contadino abbruzzese cercherà sempre di spostare un po' più in là i paletti del suo orto, nella nobile urgenza di usucapire le cose che lo circondano.

Quindi scusami sai, ma la prendo un po' alla lontana.

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Ti sottopongo un testo. Tentiamone insieme un'analisi. Ti va?
Non udendo risposta vado.

Procederò numeroelencandone le frasi, e intercalandole con delle brevi osservazioni.



1) Ave Maria

dall'imperativo latino (h)ave del verbo "avere", nel senso di abbi buone cose.
Un po' come dire “Bella [sorte] pe tte, Marì”.



2) piena di grazia

sì ok, perché no



3) il signore è con te

veniamo al dunque, “to the point”, direbbero nelle Americhe aL Riccioletto;



4) tu sei benedetta fra le donne

il che sembra preludere alla proposta d'acquisto di una bella collezione di tomi enciclopedici, da acquistarsi in comode rate pluriennali



5) e benedetto il frutto del seno tuo Gesù.
Ciò che sembra preparare un climax erotico (“seno”), introduce invece un personaggio famoso.



6) Santa Maria

altro personaggio famoso? Si cita un noto attore cinematografico contemporaneo, ma staccato; nel frattempo la tensione spirituale sale.



7) madre di Dio

Alea iacta est: il “matronimico” declina le reali generalità dell'oggetto dell'invocazione.
Viene usata una tecnica spietata ma efficace: la celebrazione di Una avviene attraverso la degradazione delle Altre. Tutte le altre Marie compiaciutesi sinora fanno 1 passo indietro mogie mogie, e rientrano nella mediocrità di una vita in cui mai sapranno generare una prole dotata quanto questo “Dio” (come egli stesso amerà farsi chiamare dagli amici e dalle prostitute che redimerà attraverso varie procedure).



8) prega per noi peccatori


Ecco a cosa mira il latore della presente. La sua opera si rivela essere una cauta lettera di raccomandazione. Solo in chiusura, dopo aver riconosciuto l'autorità del destinatario, costui si permette di avanzare richieste.
Di cui peraltro viene surrettiziamente sminuita l'entità. Si chiede alla “madre di Dio” di “pregare”, cioè di chiedere vantaggi per il mittente, intercedendo presso il di lei figlio. È evidente come il parlante, rivelando un vena autenticamente ruffiana, ne abbia testé sottolineato l'ascendente genitoriale, e speri di veder realizzati i propri desideri da quel figlio ognipotente, invocando la materna minaccia di una riduzione della paghetta settimanale o di essere mandato a letto senza cena.
Da rilevare come quello che si rivela essere il kernel testuale sia preceduto da lunghe formule di saluto dalla valenza chiaramente adulatoria. Alcuni commentatori ne sottolineano inoltre la funzione magica e litanica, pari a quella di un mantra o dello stesso Rosario.
Il “noi” è da leggersi come plurale maiestatico, o meglio ancora come tentativo di farsi portavoce di una comunità adorante, e in quanto tale costituisce l'ennesima manifestazione di viltà.


9) adesso e nell'ora della nostra morte

 
l'invocazione termina colle circostanze della richiesta, pretendendo un esito dalla durata indefinita che potrebbe rivelarsi consistente. Nelle speranze del parlante, “adesso” vorrebbe estendersi sino all'“ora della nostra morte”, sottovalutando il rischio di suscitare nel destinatario (la cui prole, ribadiamolo, si vuole ognipotente) una noia mortale letteralmente, e vedere così i due istanti temporali drammaticamente riavvicinati.



10) amen.

letteralm. “sia così”. Vi si scorge un possibile indignazione, qualora una così ben formulata invocazione non venga smaltita con buon esito, e al contempo incredulità (“speriamo che ci caschi”).


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Scusami del tedio che ti ho procurato. Dev'essere dura esser trascinati in un'analisi testuale in una notte estiva tanto calva e umida. Ma “un bel gioco non può durare poco” (cito a braccio da una mia canzone, che devo aver pur scritto da qualche parte), e anche a spiegare le regole di una cosa semplice come Nascondino Ketty Kredy, mica si fa tanto prima (fino a quanto si deve contare, e con quale scansione metronomica? in quale modo ci si assicura che chi si acceca non possa realm. vedere? qual è il perimetro entro cui vale nascondersi? ci si può appostare dietro chi si acceca o dietro la sede del suo acceccarsi e "fare tana" non appena sia finita la conta?)
A meno che tu non fossi uno di quei disgraziati che giocava facile & noncurante.

Comunque dai, se più o meno convieni anche tu sui dieci punti suesposti abbiamo quasi finito.

Fra parentesi, detto in $oldoni: non sembra anche a te un tantino ingenua, questa preghierina? rivolgersi in modo tanto querulo a un personaggio che i più vogliono di fantasia? si aspetta davvero, lo sfortunato postulante, di essere esaudito?
 
Non varrebbe la pena scegliere a caso da un elenco di potenti della terra, dai per gioco, prendiamone uno che va per la maggiore; Silvio Berlusconi?

Dai, ma dimmi la verità: tu porresti più speranze nella preghiera di cui sopra, o nel parallalismo giocoso che adesso ti propongo:

1) Grande Silvio
2) generoso con gli amici
3) gli italiani hanno scelto te
4) tu detieni il potere, nonché il fascino che ne consegue
5) perché sei furbo, brillante e chiaro quando parli.

6) Potente Silvio
7) unto da dio
8) facci fare uno stagino in una delle tue aziende private o pubbliche
9) entrando in vigore la ns. richiesta da adesso al conseguimento dell'età pensionabile (perifrasi per "ora della ns. morte", ndr)
10) mi raccomando.

 ?


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È del tutto comprovabile che esista Silvio Berlusconi. Che sia allegro, ottimista, scaltro, potente. Che sia inoltre un fiero anticomunista, cosa che a una grossa parte dell'elettorato fa sempre un bell'effetto. Che su di lui l'adulazione faccia una presa ben maggiore, rispetto a una che su un piano scientifico neanche esiste.

Dal che si evince che, rispetto alLa madonna, Silvio Berlusconi è oggettivam. di gran lunga più adorabile.

Questo è il mio teorema, e ho detto tutto.


sabato 17 luglio 2010

dio li fa e poi li accoppa.


Ahahah, chette possino caricatte: se al post di prima non volevo fare quello che vede un potenziale Speaker's Corner in ogni dominio gratis del web, ora invece eccomi qua a illuminarti sulle tue iterative vicissitudini.

Mi chiedi il perché di questo improvviso voltafaccia? non saprei. Era 1 po' che ti vedevo rabbujato dallo sbattere le corna sempre sullo stesso luogo. A proposito: tu la sai, la semiotica delle Corna? quelle di quando si vuole insinuare a qualcuno di essere 1 po' Cornuto?







Dicono che c'era come una leggenda. Tipo il padre di quello che poi diventerà Il Minotauro chiede a 1 dio dei tanti che giravano all'epoca di mandargli 1 toro fichissimo per non so più quale concorso di tori. Sembra incredibile ma quando di dèi ce n'era a josa, pur non mancando competizioni a chi fosse il più puzzone, quasi mai quei dèi erano rognosi quanto quel sozzo Babau il cui figlio sembra sia invulnerabile alle croci. Tanto è vero che quel dio quel toro fichissimo a quel re glielo dà quasi subito.
Ed è fichissimo per davvero!

Tanto che quel padre di successivi minotauri (ah! che poi era tipo il re forse di Creta? forse di Micene? o di Focene?), stravince coccquel toro il concorso di bellezza taurina. Però poi non ha più il cuore di sacrificarglielo, contravvenendo agli accordi preventivi che ciò prevedevano. Ora per inciso io mi chiedo: non poteva quel dio crearsi 1 bel toro di sana pianta e sacrificarselo da sé? che bisogno aveva di un intermediario, per di più regale? non poteva accontentarsi di far fare 100 flessioni a Tarquinio il Superbo o giocare allo Schiaffo del Soldato con Romolo Augustolo? Va aggiunto che dio solo sa (in una caleidoscopica procedura ricorsiva) come gli dèi vanno in brodi di giuggiole quando gli si sacrificano le cose salvo quando siano scrause (chiedi a Caino). E allora quel dio ci va in puzza, ma di brutto proprio, perché sta' a sentire cosa gli combina adesso, a quel re di Miccette.
Gli fa innamorare la moglie-regina del toro fichissimo!

Oramai, essa concupisce solo quel tipo di ingroppamento, e tu prova a immaginare i complessi che possono venirti quando la nerchia ti entra in competizione con quella di un toro perdipiù fichissimo.
Niente da fare: "peccquanto quell'imbranato di mio marito non detenga in giardino nessuna pianta dell'omonima erba, io vojo, vojo! èsse sdrumata da quel muccone ganzissimo", oppure "andatevene tutti affanculaccio & lasciatemi sola coccquel vacco da paura", e così via. Al punto che costringe uno dei suoi ingegneri personali a fargli un esoscheletro vaccino di chissacquale materiale biodegradato retrogrado & stantio. Tu pensa: schivi  cancellinate & versioni di greco x tutto il liceo per poi immatricolarti a una facoltà che ti impara x filo & x segno il design dei microchips chepperò purtroppo si svolge solo nella Silicon Valley quando tu invece abiti, dicevi, a Focene? brrr – e che fine fai? o finisci a fare il programmatore sgomitante coi 18enni che d'allalto dei loro diplomi di Perizia Informatica ne sanno molte più di te; oppure, sessei uno di quelli che si svegliava ogni santo giorno alle 4 a.m. per prendere il posto davanti e vederci qualcosa a lezione per potersi laureare in corso coccientodieci&lode, insomma sessei 1 di quelli diciamo proprio bravini, allora ti pigliano le regine come loro pers. ing. a fabbricargli vacconi di fango per le loro tauromachie (“ma caVo, me lo faccia ben + profondo & largo quel condotto vaginale, ma non ha visto la possenza del mio prossimo amante? (ammiccando) vuole forse toccare con mano anche lei? macchentelaricordipiù Meccanica Razionale?”).

Adesso. Indovina un po' fra 9 mesi che si piscerà via dalla cloaca quella povera donna, vittima del Fato? ti ricordi sì, di chi era padre quel povero vincitore di concorsi agricoli?
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Attraverso questa storia io ti voglio trasmettere  diverse lez. di vita, che adesso ti riassumo:

A) gli dei, qualora essi si pregino di esistere e tu gli sacrifichi cose rinunciabili, ti possono procurare tante di quelle rogne che è meglio lasciar perdere;

B) accanna co ingegneria il prima possibbile;

C) quando ti fanno le corna è segno che la vulgata ti vuole coniugato a una layda giovenca ipersensibile alla ficaggine di cierti tori.

D) non ti ci mettere mai, con un potenziale Creativo di nerchie tanto maggiori.


Nel frattempo stavo ascoltando La pennichella di Ninomanfredi, celeberrima sigla di una vecchissima Domenica in, ed è strano come sia lei sia Cicciottella di Lorettagoggi, pezzi contemporanei a 1 periodo conclamatamente meraviglioso, condividano la meraviglia di uno stesso passaggio armonico. Un accordo maggiore, poi modalmente un altro sul II grado della scala con sotto lo stesso pedale di tonica. Quando nel Pop l'armonia modale al giorno d'oggi si è, ahimé purtroppo, praticam. estinta.



Ma tu, dove vuoi andare a parare, con tutti questi giri di parole? non avevi detto che ciavevi chissacquale verità grossissima da farti raccontare da me? non sai più che dire, eh. Fa niente, ti ajuto io.
Sto facendo l'oscuro. Non sei tu, per questa volta, a essere duro di comprendonio. Sono io che sono oscuro, come infatti si addice a un degno oracolo. E ti addice pure bene che io non sia la Sfinge di una volta, che quella quando non gli risolvevi l'indovinello usciva fuori dalla Settimana Enigmistica e ti mangiava.

Ma comunque anche con me non si scherza. Non +, o xlo-, sempre -'s (cioè “D -” detto in Genitivo Sassone, ci sai fà, tu, a Genitivi Sassoni?).
Se io vengo raggiunto da 1 illuminazione e graziosamente con te la condivido, è quanto- giusto che stecchiamo la bolletta.

Quindi, piglia carta & penna e scriviti la mia ultima, fondamentale, verità; quella che volevo dirti sin dall'inizio.

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Le  donne sono affette dal Patriottismo;
gli uomini dal Matriottismo.

Questo genera la maggior parte degli orrori del rapporto di coppia.

Quelle fanno scontare al compagno ogni Patria deficienza,
sgomentandolo per l'ingiustizia della pena.

Questi cercano nella compagna le Matrie consuetudini,
e non trovandole covano rancore.

È tutta una questione di cordoglio ombelicale.

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Non pensare che il mio attuale ascoltare l'incanto portentoso dei Super Furry Animals mi distolga dai tuoi compiti. Hai scritto? Rileggi. O mi stai prendendo per il culo? perché qui ci sono solo io, non c'è nessun altro, qui.
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