Il
digitale ha ucciso il cartaceo. Prendi ad esempio il porno vintage,
nella persona della Donnanuda di cellulosa: il porno a legna. Che
giustamente per delle seghe era ottimo.
Quella
che mi accingo a raccontarti, bambino, è una favola dei nostri
giorni. E le favole dei nostri giorni, come quelle dei giorni più
remoti, ti fanno addormentare con un semino nella testa. Germoglierà
domani, facendoti più inquieto e attento; in altre parole, adulto.
La
favola dei saputelli è il miglior esempio dello scempio di un
ecosistema. Di quanto possano devastare un territorio vergine una
specie aliena che entra in concorrenza con gli autoctoni,
obbligandoli a spostarsi. Sterminandoli, addirittura.
I
saputelli comparvero nel web fin dalla sua nascita. Ma è sul finire
del XX secolo che la loro diffusione risultò fuori controllo.
Nel
web i saputelli trovarono condizioni favorevoli: anonimato,
inviolabilità fisica, spazi e temi virtualmente infiniti. Nessun
osservatore all'inizio era allarmato. Notoriamente inabili alla
riproduzione, si pensò a fenomeni isolati. Era divertente
osservarli, sulle prime. Come nelle aule scolastiche, essi iniziarono
a dispensare suggerimenti e consigli non richiesti. Iniziarono a
primeggiare per le loro nozioni, nonostante i propri rachitismi.
Pinguedini, verginità, basse stature e calvizie incipienti erano
palpabili anche da dietro il cristallo liquido. Nel dosaggio di
maiuscole e minuscole qualcosa ne svelava la voglia di rivalsa.
Poveri
quelli che capitavano su un sito alla ricerca di consigli! “Quale
sarà lo schermo migliore?” “Quale frigorifero consumerà di
meno?” “Quale lavatrice durerà di più?”. Il saputello lo sa,
o finge di saperlo. Ma non lo dice. Ti deride per come formatti la
tua richiesta, per come sbagli sezione, per la facilità con cui vai
off topic. Per lui tu sei un
newbie, un
incompetente. Finalmente, più inetto di lui. Sorvola sul tuo bisogno
di informazioni, e ne ride. Sa tutto di te; anzi, lo sa meglio. Come
si scattano le tue foto, come si educano i tuoi figli, come conviene
porsi coi tuoi colleghi. Si esprime per sigle, ama gli acronimi. È
il giocatore più molesto di una partita a Trivial Pursuit. L'etere
lo carica a mille, la virtualità lo rende invincibile. Colpisce
impunito, più persone alla volta. Si apposta sui social network
mimetizzato da amico e attende passi falsi da puntualizzare. Gli
scontri più sanguinolenti avvenivano sui tecnicismi. Se chiedevi un
parere su un bios, su una scheda madre, sulla velocità di rotazione
di un hard disk, eri spacciato. Sapevano apparire competenti,
rivelando della loro pretesa competenza solo rari barlumi.
I primi testimoni sorridevano, respirando l'aria giovanile di mille
cancellinate sulle fronti degli impudenti, e i vapori di gesso che ne
esalavano. Ma i lanciatori non miravano. I cancellini non partivano.
Rapidamente i saputelli si spostarono, dalle aule scolastiche, dagli
uffici, dalle strade, dai raduni. Lesto fu il passaparola. Nelle
palestre riposero i loro lievi manubri sulle rastrelliere, e
partirono in una delle più fulminee e devastanti migrazioni che la
storia ricordi.
Impararono l'arte del celare la conoscenza, ostentandola come un
maglio pronto a calare sulle schiene degli sprovveduti. Inventarono
la scienza di tirare le somme sorvolando sulla mancanza di tutti gli
addendi. La conquista dell'autorevolezza in cambio di quattro nozioni
snocciolate con reticenza. Al saputello furono perdonate le gobbe e
fu concessa la fiducia. Divennero infallibili, e nessuno si preoccupò
di smascherarli finché il loro numero era esiguo. Assunsero un'aura
sacerdotale, e dubitarne divenne eresia. Erano irraggiungibili. Se tu
desideravi triturarne le carni, schiacciargli la testa sotto un
macigno o affumicarli lentamente con accendini monouso, ti scontravi
subito con la loro impalpabilità. Quegli esseri filiformi, ridotti a
un silenzio impaurito per ere geologiche, avevano alzato il capo. E
non v'era modo di decollarglielo.
Vana era l'evidenza. Le nozioni dei saputelli sono parziali,
incomplete. Praticamente inutilizzabili, se non per impressionare
l'interlocutore. Capire la dimostrazione di un teorema di geometria e
saperla esporre senza saltarne i passaggi, cogliere la sintassi di
una versione di latino, ti porta a diffidare della fobia per le scie
chimiche. Ma come usare questa consapevolezza, senza permettere al
saputello di far leva sulle tue debolezze?
Commissioni
di studiosi si riunirono ad analizzare il caso. Il problema,
convennero, è che il bullo, nemico naturale del saputello, nulla
poteva, se ostracizzato dalla realtà fisica. L'universo era
contaminato, e la minaccia si espandeva. L'estinzione del buon senso
era alle porte. I saputelli imperversavano, commentando saccentemente
perfino le tavole rotonde che li volevano distrutti. Dileggiavano gli
scienziati. Fu una fortuna. Le persone perbene esitano, di fronte
alle soluzioni finali. Quelle celie, quelle facezie diedero nuova
linfa alle ricerche. I laboratori si mobilitarono.
L'ingegneria genetica sfornò il suo migliore capolavoro. Il Troll.
Da
un'idea della mitologia celtica, si conferì al bullo in carne e ossa
una fisicità virtuale. Il bullo archetipico venne privato di ogni
residuo d'intelligenza. La sua refrattarietà alle obiezioni,
pertinenti e impertinenti, era totale. La velocità nella
digitazione, leggendaria.
I
primi esemplari di Troll vennero testati in rete nei primi giorni del
nuovo Millennio. Il successo fu strepitoso. I saputelli sgomenti
venivano sconfitti dal pensiero laterale con cui i Troll scartavano
obiezioni e contrattacchi dettati dalla logica. Le argomentazioni
venivano sorvolate. Comportamenti fuori etichetta ne falcidiavano a
centinaia.
Chi
non simpatizzava per il fiero cipiglio di codesti buffi animaletti?
Uno dei più chiari intellettuali dell'epoca si produsse nel noto
saggio “Elogio del Troll”, in cui si attribuiva l'esaltazione del
saputello a una poetica risorgimentale ormai superata, rilevando come
l'allegra anarchia del Troll fosse la base del dubbio e del metodo
scientifico con cui ogni mente sana doveva affrontare il nuovo
millennio.
Presto
però ci si rese conto che la rimozione di ogni intelligenza rendeva
il Troll incontrollabile. Si rivolgeva all'utente normale come al
saputello colla stessa brama di sterminio. Celebre l'esperimento del
Burraco On-line, in una partita fra saputello, Troll e due
ricercatori spacciatisi per giocatori comuni. Il primo a farsi avanti
fu il saputello, che contestò al suo partner (uno dei due
ricercatori) la convenienza di scartare un 6 di picche che gli
sarebbe valso una scala a incastro col 5 e il 7 in suo possesso.
Prima che il ricercatore potesse obiettare di non poter avere idea
delle carte del compagno, visto che le regole del gioco le volevano
vicendevolmente coperte, fu il Troll che con una velocità
orripilante sovraimpresse nella chat “nobbadi laix saputelly”.
Ora, è noto che il saputello tiene fra le onte più ignobili quella
di essere tacciato di saputellismo, in una strana procedura
ricorsiva. Mentre il saputello indignato iniziava a contestare un uso
improvvido della lingua inglese, il Troll iniziò a vomitare alcune
fra le più bieche offese dialettali del globo terracqueo. Il
saputello decise allora di sfidare il Troll sul suo stesso campo,
sfoggiando le sue migliori parolacce. Fu un suicidio. Gli insulti
fanciulleschi che utilizzava erano istantaneamente surclassati dalle
orribili maledizioni vomitate dal troll. Data la mala parata il
saputello ripiegò sul dileggio, chiedendo al Troll che studi avesse
mai fatto nella vita. A questo punto, il più debole di stomaco dei
due ricercatori supplicò le due cavie di recedere, attirandosi le
ire di entrambi.
Questo,
era il problema. La scienza aveva coniato una nuova minaccia,
anch'essa mortale. Il progetto di introdurre un'altra specie invasiva
si rivelò un completo fallimento. Così come i saputelli si
moltiplicavano per l'assenza dei loro naturali predatori, i Troll non
facevano distinzioni tra le prede designate e le altre; e iniziarono
a fare stragi di utenti comuni, del tutto privi di difese. Per non
parlare, abusando di preterizioni, dei danni occorsi ai proprietari
di piattaforme online, server, compagnie di telefonia e provider di
ogni sorta di servizio, che videro decimati i loro proventi. Il
consumo indiscriminato di risorse da parte di una minima parte di
utenti, unito alla naturale erosione dei terreni, contribuì alla
desertificazione irreversibile di vaste aree del World Wide Web.
La
favoletta morale - edificante come poche - che ti ho appena narrato;
cosa edifica?
Il
fatto che la natura non può essere controllata, o almeno non coi
pochi mezzi di cui disponiamo al giorno d'oggi. A volte la cura può
essere peggiore del problema, e l'uomo dovrebbe smettersela una buona
volta di giocare con l'ambiente.