La prima volta che ne vidi veramente uno eravamo in spiaggia.
Era seduto sul molo. Aveva qualcosa in bocca, che colava saliva. Dalla pelliccia grondava acqua salata.
Era lì, perfettamente a suo agio tra la gente, che in effetti si faceva gli affari suoi. Io pensai, ed è l'ultima cosa che ricordo al riguardo, 'Ma se ci fossi io seduto lì, col mio panino, unico esemplare della mia specie per chilometri e chilometri, circondato solo da quei mostri bavosi; sarei capace di essere tranquillo così?'
La tranquillità paga. Sempre. Non vedo altre cause, per la loro proliferazione. È incredibile. Ora sono solo, e sto in mezzo ai mostri tutto il tempo. Prima di incontrare un mio simile passano ore e ore. Certi giorni non ne incontro affatto. Ed è un incubo.
I Mostri, colla loro noncuranza, si sono diffusi. Moltiplicati. Hanno prevalso. Erano carini. L'ultima moda. Parlarne male in società? Impossibile. Ci si trovava subito emarginati. La gente era capace di urlarti contro. Eri uno schifoso, insensibile, crudele, roba da telegiornale e da emarginazione sociale. “Sono così carini!”. “Il mio è intelligentissimo, capisce tutto quello che gli dico!”. Talmente intelligentissimo da farti le scarpe, testa di cazzo sparita chissà dove. Oh, bieco cinfallico. Ora mi trovo a rimpiangere perfino te.
Mi manchi, quando l'alternativa è stare in silenzio per ore e ore. Anche la tua stupidità mi allevierebbe la solitudine. Passo le mie giornate rinchiuso nei loro covi, ad assistere ai loro passatempi schifosi. Giocano. Non so a cosa. Si inseguono, si raggiungono, si saltano addosso e si urlano contro. Penseresti a un pericolo imminente; macché. Dopo poco capisci che per loro quella pantomima è il massimo della gioia. Fanno camminate lunghissime, questo lo vedi quando decidono di portarti con loro. Allora, qualsiasi cosa tu stessi facendo in precedenza, la molli in fretta e inizi a smaniare. C'è il caso che si passi davanti a un Internet Point, uno rarissimo, di quelli che, non si sa come, ancora funzionano. Potresti riuscire a controllarti la email. Devi fare in fretta, perché anche i più tolleranti dopo qualche minuto si spazientiscono e ti strattonano fuori. E se pure ci riesci, la casella di posta è vuota ogni volta, perché la gente è sempre di meno, e quella che c'è non è stata altrettanto fortunata da avere il tempo e il luogo per digitare user name e password.
Io non ricordo, non ricordo. L'ultima cosa che ho ben chiara è quella spiaggia. Poi più niente. Le uscite sono umilianti, oltre ogni dire. Quello che facevi prima di uscire non conta. Decidono all'improvviso, in un attimo si è fuori. Devi fare i tuoi escrementi in fretta e dove capita, e guardare i loro nasi infilartisi nella merda, e le loro lingue assaggiartela; e se provi a cagare più defilato, capacissimi di riportarti a casa infuriati, quegli obbrobri. Si vergognano: cagare defilato non sta bene. Girano con uno strumento apposito, una specie di spatola di legno. 'Spargimerda', lo chiamano. Serve a che la merda spalmata possa essere calpestata, annusata e leccata da più mostri possibile. Opporre resistenza non conviene. Non sai quando sarà la prossima volta che potrai sperare di incontrare un altro essere umano.
O essere umana? Perché gli impulsi sessuali si fanno insopportabili. Squallido a dirsi, ma l'ultima volta che ho incontrato una donna ci siamo subito saltati addosso. È stato un attimo. Ci hanno separato immediatamente. Io sono stato morso, e pure lei. Non vogliono che ci riproduciamo, quei bastardi. Hanno paura di tornare in minoranza. Ne hanno il permesso solo i più fortunati. E fortunati per modo di dire. Quando i Mostri decidono di concedertene il privilegio, è solo per sperimentare nuovi incroci razziali. Una volta durante un'uscita ho incontrato un ragazzino tedesco. Avrà avuto quindici anni, basso e obeso, completamente nudo. Sono rari, quelli di noi che hanno ancora vestiti. Io sono fortunato: sul naso ho addirittura un residuo di occhiali. Era stato messo, mi ha detto, davanti a una cinese di sessant'anni. Alta e secca da fare paura, coi capelli bianchi e i peli delle ascelle dello stesso colore. Nessuno dei due aveva gran voglia di iniziare a darsi da fare. Poi lui, più avido di prime esperienze o almeno immagino, aveva tentato l'approccio. Nulla da fare. Lei gli si era rivoltata contro graffiandolo in faccia, con gran biasimo dei Mostri astanti che laidi assistevano.
Questo mi ha raccontato, in quei pochi minuti che ci hanno concesso. In uno scambio linguistico che avrebbe affascinato qualsiasi glottologo dei tempi andati. Io, del tedesco, non ho mai capito una parola. So solo che ha le declinazioni come il latino. Statura e peso me li ha mostrati a gesti. Il bianco era quello della lurida camicia che indosso tutti i giorni. E i suoi indici che si stiravano gli occhi non lasciavano dubbi: quell'amazzone virtuosa era orientale. Quanto all'età, l'ho dedotta dal gesto con cui quel ragazzetto roseo e paffutello si indicava le mammelle colle mani, abbassandole poi fino all'ombelico. Quelle di lui sì, erano floride.
A questo punto sarai curioso dei miei altri trascorsi sessuali. Ben poca roba, ahimè. Il più delle volte incontro vecchie o bambine, e non mi sembra il caso. L'ultima volta che ho concluso qualcosa è stata con una signora sui cinquant'anni, lasciata sciolta nel parco, come me. Una di quelle signore un tempo perbene, che avresti visto uscire dalla messa la domenica mattina. Chissà dove sono adesso suo marito o i suoi figli. La signora perbene mi guarda. Un'occhiata allusiva, ti assicuro. Io, da lungo digiuno, non disdegno. Ci avvinghiamo. Non ci separano, forse per la probabile menopausa della mia concubina. Li fanno bene i loro calcoli, quei bastardi. L'ho rincontrata, non è mai stata incinta. Forse sono io che sono sterile. Chissà.
Certi di noi hanno funzioni assegnate. Ci usano per assistere i Mostri più anziani. Uno schifo che non ti dico, se pensi che anche da giovani hanno i culi incrostati di merda, e le loro convenzioni sociali vogliono che incontrandosi si annusino e si lecchino sempre lì. Imbocchiamo le loro fauci sdentate, e quella è l'unica cosa buona: non c'è pericolo. Un'altra cosa per cui ci reputano validi è lanciargli oggetti. Li afferrano al volo, riportandoli indietro e pretendendo che gli si rilancino ancora, e ancora. Sembra si divertano. Potrebbero lanciarseli tra loro, penseresti. Ma i loro arti non sono appropriati. Ah, caro vecchio pollice opponibile! Parevi garanzia di ogni futuro successo; e invece. La vera tortura è la costrizione di grattarli. Non ne possono fare a meno. Ti abitui presto ai crampi, e allora cambi mano. Ti danno da mangiare (meglio sorvolare sulle condizioni igieniche, se pensi che i loro arti più prensili sono fauci ributtanti), ma pretendono che gliene passi continuamente bocconi. Una delle tante stranezze della loro etichetta. Ecco che la tua porzione, apparentemente abbondante, si riduce di almeno due terzi. L'unica salvezza è quando escono. Sulle prime, quando capisci che non ti porteranno con loro, ti rattristi. Dovrai rimandare la speranza di incontrare tuoi simili. In più, assisti a scene apparentemente incomprensibili. I Mostri non hanno la concezione del tempo. Quando si separano da te, il commiato è straziante, come se non dovessero rivederti mai più. Tu ci speri, e invece eccoli di ritorno dopo neanche venti minuti.
È tutto inquietante. Ti lasciano stare solo quando dormono. Allora tu ti affacci alle finestre abbandonate, e urli alla notte la tua disperazione. C'è chi chiama i nomi dei propri cari dispersi. Chi piange. Chi bestemmia. Chi suona la chitarra elettrica. Il giorno dopo tra i tuoi padroni Mostruosi e i loro vicini è una gran cagnara, per il chiasso fatto nottetempo. Non di rado c'è chi dissemina hamburger avvelenati nei i luoghi dove ci portano in ricreazione. Io stesso ho più volte scartato una fritturina di pesce appetitosa, ma piena di puntine da disegno. Come se non ce ne accorgessimo per tempo, poveri stupidi. Altre volte pubblicano sui loro social network decine di nostre foto, scrivendo quanto siamo carini. Peccato che le nostre facce, le cui emozioni non sanno leggere affatto, tradiscano noia, disappunto o addirittura orrore. I più eccentrici alla loro morte ci lasciano tutti i loro averi, o li donano alle associazioni di fanatici che pretendono di curare i nostri diritti, che invece ignorano. Grande è allora il disappunto dei congiunti sopravvissuti.
Ci usano per attaccare discorso colle prede dei loro amplessi. “Che carino, il suo! È un cucciolo? Quanti anni ha?”. E anche questa degli anni è bella. Hanno una vita media decisamente inferiore alla nostra, e alla loro morte ci abbandonano del tutto al nostro destino. I più fortunati riescono a scappare, ma al di fuori del consorzio Mostruoso se rintracciati rischiano la soppressione. Più spesso accade di venire tramandati a parenti per i quali sei solo un fastidio, e te ne rendi conto immediatamente dalle loro facce scocciate. Hai fatto tanto per abituarti a un legame, e ora ti ritrovi in balia di estranei. Buona fortuna per i tuoi pasti, e per ogni altra esigenza primaria.
Per le secondarie, incrocia le dita. Le influenze te le tieni. Malattie più serie devi sperare di non prendertele. Te l'immagini, i loro “dottori”, a tastarti con quei loro arti inetti per cercare di capire cos'hai? Hai idea di dove non sia arrivata, la loro “Scienza medica”?
Per loro, tutto si riduce a leccarsi le ferite. Con quelle loro lingue spesse e ruvide. Magari a loro fa pure bene, che so io, ci avranno su degli anticorpi. Ma te la vedi la tua cataratta, a guarire per le loro slinguazzate poderose? O le tue emorroidi? O una cirrosi epatica, un colpo della strega, un – brr – varicocele, una si(gh)filide?
Qualcosa non va. Un essere vivente non dovrebbe mai possederne un altro. Il rapporto non è paritario. L'ignoranza fulmina. Molti dei nostri padroni cercano di intavolare con noi un rapporto affettivo perché incapaci di stabilirne coi loro pari. Si stupirebbero molto di quanto siano inadeguati, se solo avessero facoltà di intenderci. C'è qualcosa che noi abbiamo, di cui loro non hanno idea. Una coscienza. Notiamo tutto quello che succede. Ce ne chiediamo il perché. Non capirlo ci causa sofferenze. Loro invece soffrono delle cose o ne gioiscono, e tutto per loro finisce lì. Che beatitudine.
Ma siamo noi, ad aver iniziato. Abbiamo cominciato per primi la Padronanza. Senza chiederci mai se, in luogo della coscienza, avessero anche loro una sensibilità passibile di sofferenze, se ignorata. E io non ci ho mai fatto caso, se non la prima volta su quella spiaggia.
Schifosi padroni di uomini. Schifosi padroni di Mostri.