1.
“Il
problema è quando il maschio non sa liberarsi dalla schiavitù dei
pornelli”, disse Special Guest mentre guidava la sua utilitaria.
Stava
argomentato per l'ennesima volta la sua idea. Che doveva salvarlo da
una vita piena di vuoti. A scoltarlo, anche questa volta Kitty, la
donna per cui da sempre spasimava. Kitty si era maledetta appena
partiti, a bordo di quel rottame di cui si vergognava.
Fuori,
il potenziale osservatore. Col suo carico di sottostima per una, pure
notevole, che doveva avere qualche rogna se si faceva scarrozzare da
uno così, dentro una macchina così.
Dentro,
il solito interminabile discorso.
Tanto
per farti un quadro. Special era uno che da piccolo era convinto che
la sua era la lingua universale. Andava pure bene, che a scuola
gliene facessero studiare altre. Doveva essere una specie di gioco.
Messaggi cifrati, o i codici segreti.
Solo
una volta, stupito dal suo stesso dubbio, chiese alla maestra “Ma
lingua più importante di tutte è la nostra, non è vero?”. E alla
sua risposta perplessa (“Beh, è molto importante, se pensi solo a
tutti quei poeti, musicisti, i grandi uomini che abbiamo avuto nel
passato...”), si annoiò subito pensando che quella manco aveva
capito cosa le avesse chiesto. Se la gente che aveva intorno era così
rimbambita, certo non poteva sbagliarsi lui.
Era
da una mezz'ora che Special parlava e parlava.
La
sua idea riguardava il successo. Il benessere economico.
L'indipendenza dai fastidi quotidiani. Il poter smettere finalmente
di fare un lavoro in cui riusciva piuttosto bene; ma che a suo dire
non gli dava abbastanza voglia di alzarsi dal letto la mattina.
Special
era uno psicologo. Uno psicologo del lavoro. Lavorava per una
multinazionale farmaceutica. Nelle valutazioni attitudinali dei
candidati, tra i suoi colleghi era il migliore.
Non
gli sfuggiva nulla. Tensioni dietro i sorrisi di facciata,
irritabilità latenti. Sfiducia di sé, incapacità relazionali. Il
suo forte era cogliere il giusto equilibrio tra una sana voglia di
emergere, foriera di produttività, e il non essere capace di tirare
colpi bassi, cosa buona e giusta a prescindere, e particolarmente
apprezzata dai suoi capi.
I
neoassunti che segnalava s'infilavano nei tasselli vuoti del
personale come ingranaggi da sempre esistiti. Special era stimato dai
suoi superiori, ammirato e imitato dai suoi colleghi. Adorato da
quelli nuovi.
Lui
lo sapeva, e ne era contento. Aveva un buono stipendio, poteva
permettersi ciò che desiderava (non un'auto migliore,
evidentemente). E quando ai party gli chiedevano cosa facesse, aveva
una risposta buona e pronta all'uso.
Ma
la sua vita era quella? dare buone risposte? e buone per chi? Certo
non per lui.
Lui
erano anni, forse da quando era ragazzo, che aveva un sogno da
realizzare.
Parlarne
era il suo modo di realizzarlo. Parlarne a Kitty e cercare di
coinvolgerla nel suo progetto era poi il massimo del divertimento.
Ogni
tanto lei provava a distrarlo dalle sue ossessioni cicliche, con
qualsiasi trovata. Ma Special non deviava mai.
“Ho
un tumore”, improvvisava lei, stizzita.
“Molti
ne hanno uno”, rispondeva lui, sicuro del suo umorismo.
“Ma
che cazzo dici”, rispondeva Kitty 'Sync' Hulah.
2.
Kitty
'Sync'. Il soprannome se l'era guadagnato in sala doppiaggio.
Sincronizzazioni audio/video. Turni interminabili.
Quel
'Sync' aveva fatto presa subito, e non solo per questioni
professionali. Kitty era una sincronizzata con la realtà. Una coi
piedi per terra. Capiva al volo le cose, riconosceva a naso i
millantatori. Sentiva a pelle se la volevi fregare, o se una
situazione era più grande di lei.
Per
questo aveva colto le incongruenze di Special fin dall'inizio. Che
invece era un dissociato, uno colla vita quotidiana da una parte e le
aspirazioni dall'altra. Uno così, Kitty non se lo sarebbe mai
cagato. Ma in qualche modo, con i suoi entusiasmi, Special la stupiva
sempre. Precari e innumerevoli, ma sempre tutti intensi. E veri. Non
lo fossero stati, Kitty se ne sarebbe accorta. Lei di solito ne
provava pochi, di veri entusiasmi.
Quindi
non riusciva a tagliare i rapporti completamente.
Special
Guest d'altra parte vedeva in Kitty una ragazza bellissima –
pazzesco quant'era bella – ma troppo appiattita sulla realtà.
Questo lo faceva dubitare che avesse la fantasia che invece cercava
in una donna. Però era affascinato dalle sue capacità sincroniche.
Lei
vedeva e ascoltava, e infallibilmente valutava. Lui si rendeva conto
delle cose solo molto dopo che erano successe, e continuava a
rimuginarci su per anni, a volte. Perdendone altre nel quotidiano, e
alimentando la sua incapacità di vivere il presente.
'Se
solo avessi quella sua dote, quella concretezza ottusa ma
indispensabile, e in qualche modo geniale. Potrei risparmiare un
mucchio di tempo. Allora davvero non mi fermerebbe nessuno'.
Era
consapevole del suo problema. Aveva letto un bel po' di quei libri
motivazionali (era un lettore compulsivo e distratto). Biasimava quel
ripetervi slogan, tecniche di autolavaggio del cervello per ciccioni
stelle&strisce. Ma di tanto in tanto vi trovava spunti
interessanti. Una volta aveva letto che bisogna iniziare a scegliere
e decidere fin dalle piccole cose quotidiane. Allenamento, ci vuole.
Chiedersi ogni volta 'cosa mi va di fare, adesso?'- 'cosa mi va di
cucinarmi?'. Altrove dicevano che anche gli animali più piccoli e
meno dotati fanno provviste per l'inverno non appena l'istinto gli
dice di farlo. Quando sono sazi sotterrano il cibo, invece di
rimpinzarsene come tende a fare l'uomo. Così. Senza dubitarne, o
farsi distogliere dalla pigrizia.
Ciononostante
egli era atterrito dalle cose concrete. A casa puliva di rado, perché
la lotta contro le insidie dello sporco gli sembrava vana. Lo sporco
ritornava. Ogni volta. Solo quando la situazione stava per sfuggirgli
di mano veramente, si rassegnava e si metteva al lavoro. In un paio
di giorni la sua casa diventava uno specchio ineccepibile. Per poi
tornare nelle condizioni di prima. Di sé non sapeva pianificare un
bel niente. Anche per questo, Kitty lo affascinava.
Quindi
si attiravano a distanza, ma da vicino si respingevano. Poli opposti,
del tutto fuori da ogni giurisprudenza magnetica. A Kitty non
mancavano gli uomini. Anche a Special le donne non sarebbero mancate,
se non si fosse sempre ficcato in attrazioni per storie
inconciliabili con le sigenze sue e altrui, per distrazione o calcolo
involontario.
Come
quella che cercava di avere con Kitty da un pezzo.
3.
Intanto
il monotergicristallo ballava avanti e indietro. Conoscendoti ti eri
figurato di certo scenari assolati. Rettilinei americani sabbia e
cactus. Tamla-Motown dalla radio.
Invece
pioveva, anche se poco. Lasciata in pace dalle tue attenzioni
morbose, Kitty si era finalmente addormentata.
Accortosene,
Special aveva ceduto al moto ipnotico della spazzola. Sinistra,
destra - pausa. Sinistra, destra - pausa. Al minimo, perché non
pioveva molto. Le oscillazioni erano sonore oltre che visibili,
perché producevano un rumore. Regolare e costante. Una nota che si
acuiva all'andata e scendeva al ritorno.
Quindi
Special, cedendo a uno dei suoi vizi, aveva iniziato a nagrammare le
targhe delle automobili. Deprimendosi se non contenevano vocali,
esaltandosi se ne avevano. Quando poi ce n'erano addirittura un paio,
allora tutto allegro iniziava a trarne fruttuose combinazioni. Una
volta, da due vocali e due consonanti, era riuscito a riscontrare un
senso compiuto in dodici delle ventiquattro permutazioni semplici di
una parola di quattro lettere.
Oppure,
contava le linee che dividevano l'asfalto in due corsie. A gruppi di
cinque. Ogni cento linee premeva più forte una delle dieci dita
contro il volante. Ogni dieci dita fischiettava uno dei dodici
semitoni della scala cromatica. Ogni ottava terminata aveva diritto
di accendersi una sigaretta. O che so, scendere a sgranchirsi le
gambe. O farsi un caffè.
Poi
diventava triste, e pensava a quanto tutto quel tempo fosse stato
improduttivo. Se solo avesse pianificato meglio la sua idea, invece.
Ma il clima era sempre brutto. Quelle pioggerelline. Special era
sicuro che se ci fosse stato il sole, allora sarebbe stato abbastanza
allegro per farlo.
Se
solo avesse piovuto più forte! Le spazzole non sarebbero state al
minimo, con quelle pause maledette. E a velocità maggiori avrebbero
esercitato suggestioni meno ipnotiche, lasciandogli nalterata la
coscienza.
Inutile
dire quanto a casa perdesse tempo in solitari al computer. Che
ricominciava ogni volta in cerca di quello perfetto, non riuscendo
mai a portarne a termine uno. Buttando così interi pomeriggi, la
maggior parte dei rari momenti in cui non era al lavoro o alle prese
con le incombenze della vita quotidiana.
“Siamo
arrivati?”
“Ancora
no. Ben alzata! Ti metto su il caffè? o vuoi girarti dall'altra
parte e dormire un altro po'? Ehi! Finalmente capita che mi ti svegli
accanto! Era ora che succedesse, arf arf”.
“Cretino.
Non posso credere di stare a ccompagnarti. Non mi sono fatta nemmeno
promettere niente, in cambio. Non riesco a ricostruire la catena di
eventi che mi ha portato a una decisione tanto idiota”.
“Niente
catene, baby. Eri libera di decidere. È che tu sai che la mia idea
vince. Anche se non lo ammetti. Non saresti qui, se fossi certa che
la mia idea non vince. O quantomeno vuoi esserci per vedere come va a
finire. Non puoi chiamarti fuori del tutto”.
“Io
non posso chiamarmi fuori perché sono fuori. E lo sono in
tutti i sensi, fuori. Dovevo essere davvero fuori di testa per
promettere di venire con te su questa macchina scassata, a parlare
con quel tipo. Un Corso di Sesso. Una Scuola di Sesso. E allora,
perché no un corso di Sonno? o di Sfamarsi? o di Pisciare? In un
paese bigotto come questo, poi.”
“Uau
baby, ottime idee anche queste. Chi dorme più, di questi tempi? chi
riesce a mangiare senza ingozzarsi, solo per sfamarsi? C'è
abbastanza roba da aprirci un franchising. Ma prima, il Sesso.”
“Questa
è l'unica cosa su cui siamo d'accordo, io e te. Il sesso prima. Ma
facendolo, e non rincorrendolo. Sperando pure di farcisi pagare. Il
sesso a pagamento credi di averlo ideato tu, mentre è arrivata prima
quella puttana Eva maledetta. Quanto vorrei essere rimasta a casa”.
“Ti
sbagli. Se fosse come dici, nessuno avrebbe problemi sessuali dalla
notte dei tempi, visto che parliamo del mestiere più antico del
mondo. Uno non va a prostitute per migliorare, ma per sfogarsi. E
appena finito se ne va tutto vergognoso. Senza elaborare, e senza
aver imparato niente. E come potrebbe? Uno non ripara alle proprie
ignoranze sessuali con un compenso, nella vita reale”.
“Non
parlarmi di vita reale, tu. Proprio tu! Di vita reale non ne
sapresti un cazzo neanche se t'avesse pisciato Elisabetta Seconda
dalla sua fica Reale. La gente nella realtà scopa, scopa quando e
quanto tu non arriveresti mai a immaginare, e non si masturba il
cazzo e le cervella come fai tu dalla mattina alla sera”.
“Ah,
sì? Allora sembrerei avere una clientela a dir poco cospicua. Cara
mia, se tu fossi un imprenditore non mi metteresti alla porta tanto
precipitosamente, in questo caso.
Ma
devi ammettere che questa è la seconda cosa su cui io e te siamo
d'accordo oggi. Tutti sono interessati al sesso. Tutti sono
ossessionati dal sesso. Ma quanti lo sanno fare, veramente?
quanti se lo vivono con naturalezza, che poi è questo il saperlo
fare?”
Kitty
alzò gli occhi al cielo e sospirò. Special nel frattempo
continuava.
“Guarda
quel cartellone pubblicitario. E quell'altro. Se non c'è una modella
mezza nuda, c'è la chiave per ottenerla. Una macchina di lusso.
Gioielli. Centri estetici. La gente è in balìa della pornografia.
Molti vanno a mignotte, sempre più a transessuali. Tutti hanno in
mente il sesso, e quasi solo questo. Guarda quel tizio della macchina
di fianco. Pensa che quel suo taglio di capelli gli aumenti le
probabilità di fare del sesso, ah ah! Poverino. Guarda quella
cicciona coi leggins che attraversa la strada! Crede che strizzarsi i
lardi gli attiri qualcuno, e magari andrà pure a finire così. Ma
nessuno dei due ha negli occhi quello che realmente pensa. Hanno
imparato fin da piccoli a darsi un contegno. A nascondere più di
ogni altra cosa la ferocia con cui prima del cibo vorrebbero
procacciarsi gli orgasmi. Ma nessuno lo fa. Nessuno salta addosso a
nessuno, perché non si può. Proprio in un paese bigotto come
questo, l'idea funzionerebbe.
Non
se ne parla. Mai. È un indice per valutare quanto sia un problema
grave. Tutti parlano di qualsiasi sciocchezza, la vena del proibito
ha esaurito il suo oro da tempo. Il futuro è nel taciuto. Non si sa
più toccare, non si sa più manipolare, non si sa più concedere il
proprio tempo. Le gambe della donna stanno lì a ostacolare l'azione,
e nessuno osa divaricarle. Ci si bacia meccanici. Ci si lecca
distratti. Finché non è ora dell'atto. Che diventa la sublimazione
dei problemi. Con questo corso noi intercettiamo l'esigenza primaria
del secolo. Nessuno più dovrà spaventarsi della propria erezione”.
5.
“L'ufficio
marketing dovrà badare a ciò che fa. Il prodotto venderà da sé,
le campagne pubblicitarie dovranno ricalcare il silenzio che sugella
l'argomento. Basta un accenno, tutti capiranno. Questa è l'unica
cosa rimasta segreta, colpevolmente. Qualsiasi parola esplicita al
riguardo sarebbe immediatamente bandita dall'attenzione. Pills,
viagra, penis. Siamo allenati a cestinare
l'interlocutore, qualora ne faccia menzione. Un firewall mentale, che
gira e va da sé. No. Parte la pubblicità, e stavolta al terzo
secondo di silenzio tutti capiranno. Tutto è stato detto, tranne
l'innominabile.
Pensaci
su, solo per un attimo. Guarda dal finestrino, guarda la gente. Molta
di quella che vedi ha in questo momento un'erezione. Blanda, magari.
Oppure, se è una donna, di certo nel quotidiano coglie spunti che le
irrorano l'intercoscia. Basta uno stimolo minimo per pensare al
sesso, ammesso che non ci si stia pensando già.
Eppure,
quando si arriva al dunque, quegli umori, quelle erezioni si
bloccano. Una volta espletabili, si sorprendono di loro stesse e
s'imbarazzano. Non sanno, o non ricordano più, come si prosegue.
Quando il
problema capita a te, sembra impossibile che possa riguardare anche
qualcun altro. Non riesci a crederci. Il tuo vicino non sembra mai
badare alla qualità della sua erezione, nel quotidiano.
Pensa
a questo spot.
Siamo
in ufficio, e tu sei il Direttore.
Osservi
quel tecnico alle prese col distributore del caffè. Guardi la sua
espressione. Si concentra sull'ugello, bada alla consonante,
non equivocare. Guarda! ora invece è rivolto alla tua segretaria. Le
parla. Sorridono. Vedi forse ombre sul suo volto? Credi che
riuscirebbe così disinvolto se avesse fatto cilecca, ieri notte?
No-no: egli funziona. Beve quando ha sete, si copre quando ha freddo.
Scopa - pardon - quando deve. Hai mai visto quanti preservativi
lasciati sull'asfalto? Gente che non sta tanto a creare condizioni,
che non si cura di atmosfere. Parte e arriva.
Ma
sai qual è il trucco? Lo sai?
Io
lo so. Io l'ho capito. Ci sono riuscito, perché ho avuto coraggio, e
sono andato fino in fondo. Andare fino in fondo, da soli senza alcuna
costrizione, fa paura. Io l'ho fatto, e adesso sarò ricco, com'è
giusto. Vuoi farmi compagnia?
Torna
a guardare quel torello che fa forza sul suo cacciavite. Guardalo,
guardalo portare quei baffoni da pornodivo anni '70. Sai in questo
momento cosa gli frulla per la testa? Te lo dico io, perché io
l'ho capito. Lui guarda la tua segretaria, la vede andare via. Poi si
gira verso la parete a vetri del tuo ufficio e guarda te. Che hai le
iniziali ricamate sulla camicia, e la cravatta allentata. Hai in mano
un foglio, lo leggi da sopra gli occhiali. Premi un pulsante: ecco
che arriva lei, la tua segretaria. Sorride professionale, ti ascolta.
Annota ogni cosa che hai detto. Si congeda, e nel girarsi infila per
te la sua camminata migliore. Si chiude la porta alle spalle
malvolentieri.
Sai
cos'ha in testa quel povero manutentore dei caffé? Vorrebbe avere il
tuo potere. La tua sicurezza. Le tue possibilità. Guardalo, sei il
suo dio. Di certo ritiene giusto che il fortunato sia tu. Tu, che hai
i mezzi per portarla chissà dove. Tu, che le farai sentire raffinate
selezioni musicali, amplificate allo stato dell'arte dal lettore
della tua fuoriserie.
Sai
cos'hai tu invece in testa? Solo invidia per quell'ottuso montatore,
che non si farebbe i tuoi problemi.
Tu,
che invece approfitti del tuo carisma per non sbattertela
sulla scrivania, e non scopartela a sangue. Perché non sai se
riusciresti. Se verresti dopo pochi secondi. O se magari, dopo troppi
minuti inizieresti a sudare incontrollato, e a deconcentrarti. Non
potresti accettare di perdertelo così, il tuo carisma. Con le
risatine che ne conseguirebbero talvolta nei corridoi, e spesso solo
nella tua testa.
E
così via. Tutti si invidiano, nessuno si gode. Mal comune, nessun
gaudio. Nessuno che rompa la catena del silenzio che ho scoperto io.
Io l'ho scoperta, e ora te la porgo. Vuoi essere tu a sfruttarla con
me? Un Corso di Erezione. Docenti scelti. Personale qualificato.
Manuali accessibili, esercizi progressivi. Per tenere a bada l'Ignoto
ci vuole un metodo.”
6.
Arrivati
a questo punto, ammettiamolo, ti sei perso.
Addentrato
in tecnicismi e questioni di marketing, presto è sopraggiunta la
noia. Ed è un peccato. Perché ti sei perso le espressioni e il
gesticolare di Special. Che sarà tenero e buffo, ma quando
s'infervora riesce a ffascinare perfino una tosta come Kitty.
Ma
tu non c'eri, e ormai sei distratto. E adesso ti frulla in mente solo
un idea.
Ma
sti due hanno mai scopato, oppure no?
Il
che dimostra, se necessario, la bontà dell'intuizione di Special
Guest. Tu pensi solo al sesso. Tutti pensano sempre al sesso.
Quanto
a quei due, solo uno sprovveduto come te potrebbe chiedersi se tra
Kitty e Special fosse successo mai qualcosa. Si erano baciati, una
volta. Sulle labbra. Era capitato che Kitty avesse una disillusione.
L'ennesimo tizio l'aveva ottenuta, sparendo subito dopo. Il che
continua a dimostrare che perfino una come Kitty, che si ritiene al
di sopra di facili lusinghe, di fronte alle proprie debolezze è nel
sesso che ha i suoi punti più vulnerabili.
Baciandosi,
immediatamente avevano avuto la sensazione di una cosa strana. Colla
velocità delle comunicazioni elettriche, lei aveva provato quel vago
turbamento, soporifero e innaturale, di quando appena adolescente
s'era baciata con un cugino più grande.
Special
aveva ricordato il primo bacio ricevuto in bocca, che una
diciannovenne gli aveva somministrato esasperata dai suoi titubamenti
di mberbe ventiquattrenne.
La
cosa che lo aveva stupito di più era che le loro bocche, le labbra e
le lingue, avevano praticamente la stessa temperatura.
Nessuno
dei due ci aveva mai riprovato, né desiderava davvero riprovarci.
Ciò non toglie che Special nutrisse una gelosia, inconsapevole ma
intensa, per le storie di letto di Kitty. E che Kitty lo stesse
accompagnando al primo appuntamento con il ricco proprietario di una
struttura didattica, interessato a lanciare nuovi corsi alternativi.
Protestava su tutto ma su quella macchina c'era, e lo stava
accompagnando.
Ma
tu scuotiti; e torniamo alle arringhe di Special, che tanto stanno
per finire.
7.
“Ho
già pronta la campagna pubblicitaria. Stampiamo flyer, compriamo
spazi sui giornali, nell'etere secondi preziosi. Su sfondo nero, o
dal silenzio, una sola voce, una sola scritta.
eRection
day
Poi,
la data e il luogo dell'incontro. Hostess all'accoglienza, docenti
tra i 40-50. Giovanili, ma rassicuranti nelle loro competenze
professionali. Niente camici bianchi, il nostro non è un problema
idraulico. La medicina viene bandita, qui s'insegna Socialità. Il
corpo femminile, o maschile, da boia che era, si fa complice. Ci si
sorride, si ritrovano spazi. Ci si interrompe per giocare. Si
riprende sintonizzandosi. La ricezione migliora di volta in volta.
Ecco che lo stato della propria erezione preoccupa quanto la
pieghevolezza del proprio gomito. Si reimpara il Gesto. Ci si accorge
che imparare a nuotare o andare in bicicletta era stato di gran lunga
più difficile. Si assegnano compiti per casa, alla portata di tutti.
Il traguardo finale, la scioltezza completa, viene procrastinato a un
lungo apprendistato. E fruttuoso, per l'alunno e per la struttura
didattica. Il tempo dell'erezione è posposto. Adesso,
nell'immediato, non c'è pericolo.
All'iscrizione
si riceve un tesserino. Sopra, i simboli della segretezza massonica.
Un profumo al posto dell'astrolabio. Una guêpière in luogo del
compasso. Mostrato, esso rivela appartenenza al Progresso. Ispira
affidabilità. Apre le porte del piacere e della socialità. In una
parola: rassicura. Chi lo esibisce tiene al suo benessere, e a quello
altrui. S'impegna a fondo per conseguire la piacevolezza. Offre
prospettive. Non può ricevere dinieghi. Non se si ha classe. In
breve, si crea un'appartenenza, previo esborso di una ragionevole
quota sociale. Noi dobbiamo solo essere lì a raccoglierla.
È
l'idea del secolo. Cos'altro dovrebbe finanziare, un imprenditore?
corsi di chitarra? 'Chitarra'. Non è assurdo? come se uno, in tempi
come questi, avesse altrettanta urgenza di - che ridere - 'Studiare
Chitarra'. Oppure, perché no, 'Dipanare Tendopoli', o 'Aguzzare
Triangoli'.
Improbabile.
Torniamo pure a scuola, ma facciamolo con la maturità e,
aggiungerei, la leggerezza dell'età adulta. Senza pagelle, quadri,
promozioni o bocciature, e ricevimenti dei genitori.”
Kitty
è posseduta da due emozioni, lancinanti nella loro contraddizione.
Da
un lato, ritrovarsi affascinata dalle argomentazioni e dalla
dialettica di Special.
Dall'altro,
saperne bene le pigrizie, e le inconcludenze conseguenti.
Decide
di uscirne, nel seguente modo.
“Comunque,
ammesso che tu abbia ragione, non sei il solo che mediti sciocchezze
tanto spettacolari.
Shangai
per esempio è già in trattative con un tizio, pieno di soldi, che
gli sarebbe socio alla pari; e per lo stesso scopo. Me lo ha detto
ieri sera.”
8.
“Ma
– come? Quando l'hai visto, Shangai?”
Questo
ribattè tremando Special, reciso dalla sua dialettica come mai gli
era capitato. Per temporeggiare dinanzi alla disfatta con una domanda
che non c'entrava niente. O almeno così credeva, per adesso.
Special
era più che sicuro di non essersi mai fatto sfuggire nulla, del suo
progetto. Non ne aveva mai detto niente a nessuno. Se non a Kitty.
Come
pure, era abbastanza certo che lei non ne avesse parlato in giro. Non
era tipa da spifferare qualcosa a qualcuno, Kitty. Mica per lealtà
nei suoi confronti. Quanto piuttosto perché lei era una che si
faceva sempre gli affari suoi. Tanto meno l'avrebbe detto a uno come
Shangai. Non che ne avessero mai parlato, ma Special era sicuro che
Kitty non avesse alcuna considerazione delle capacità intellettive
di Shangai. Mentre sentiva che, per quanto lei deridesse lui ogni
volta che poteva, ne stimasse l'acume e le intuizioni, pur non
perdendo occasione per deriderne le inadempienze.
Questo
Shangai. Non puoi avere un quadro, se non sai chi era Shangai.
Shangai
era uno. Grosso e lento, poco pulito e sempre brutto. Spesso insieme
a Special e Kitty, non si poteva dire di quale dei due fosse davvero
amico. D'altronde, erano amici Kitty e Special?
Amici.
Che grossa parola.
Fatto
sta che Shangai era lì, a molti dei loro convegni. Si andava a un
concerto, e Shangai era presente. A cena fuori, e Shangai c'era.
Faceva freddo o pioveva o si era stanchi, quindi non andava di uscire
e si optava per un filmetto. Tra gli spettatori, anche Shangai.
Che
spesso si addormentava, a riprova di quanto con loro si
entusiasmasse. Si addormentava proprio di brutto, iniziando
sonoramente a russare.
Sulle
prime, Special e Kitty si sorprendevano, e si giravano verso quel
russare. Poi si guardavano e sorridevano. Erano quasi carini quei
due, quando si sorridevano così. Sembravano complici. Poi capirono
che dovevano fare un passo.
Special
si alzò, e mise con cautela la sua sigaretta accesa fra le dita di
Shangai, che nel frattempo dormivano ignare sul bracciolo della
poltrona.
Kitty,
che non era tipo da non raccogliere una sfida, prese il largo
cappello da diva eccessiva di Hollywood con cui girava in quel
periodo, e con delicatezza glielo adagiò sulla testa.
Special,
eccitato, andò all'armadio. Ne trasse un mazzo di carte da poker e
ne trasse tre jack, che posizionò a ventaglio tra le dita della mano
senza sigarette.
Kitty
si guardò intorno e poi corse in bagno. Ne tornò con vecchia
rivista femminile e gliela mise con prudenza sulle gambe, aperta su
una doppiapagina che parlava di ciclismi e menopause.
Quello
che da allora divenne Shangai, non si svegliava. Il gioco era
aggiungere un pezzo alla volta. Perde chi causa il risveglio del
tabellone.
Da
quel giorno si smise di uscire. Erano sempre stanchi, o fuori
minacciava di piovere, o c'era un film che ancora non avevano visto.
Anche quando era un brutto film – anzi, soprattutto se era un
brutto film, immancabilmente dopo la prima mezz'ora iniziava una
nuova mano.
La
prima, nessuno più sa chi la perse. L'avevano vinta entrambi. Poco
importava chi dei due ne avesse causato la fine – coincidente con
una pupilla che si muoveva nell'occhio appena aperto, e dalla bocca
un infastidito “rrhRrcoddìo”.
9.
“Ieri
sera, ci siamo visti”.
“Non
può essere! Ieri si doveva vedere con una che puntava da un sacco di
tempo, e che pareva che finalmente gliela desse, e che era inutile
che mi diceva come si chiamava perché tanto non la conoscevo”.
A
questo punto, Kitty era esasperata. Dalle ingenuità di Special, e
dall'evidenza oramai conclamata della sua debolezza.
“E
invece a quanto pare la conoscevi! E comunque quello è cretino pure
più di te, ma almeno quando decide di fare una cosa la fa; e quando
quella cosa la vuole da una, ci va e glielo fa capire.
Tu
parli la tua vita, e non la vivi! Preferisci astrarre perfezioni,
piuttosto che rischiare di vivertele sul serio. Il pensiero di
qualcosa in meno di ciò che solo riesci a immaginare ti paralizza. E
quindi, torno a chiedermi: perché sto in questa bagnarola ad
accompagnare a fare una cosa inutile un inconcludente come te?!”
Special,
a questo punto, è morto. Inutile andare avanti. Quando uno muore,
muore. Così, di botto: Zot. Come un fulmine Gioviale. Così piace al
Fato, quando decide di recidere uno di quei fili lì. Le Porche si
chiamavano, quelle vecchie orribili al Ginnasio.
Un
interruttore spento, che apre il circuito e blocca le correnti. Un
rubinetto chiuso, che le acque le spezza più naturale e comprovabile
di mille divinità polverose e vendicative.
La
morte è l'improvviso nulla. Lo zero al denominatore che rende
infinita ogni infima vita che di stargli a numeratore abbia
disgrazia.
Muore
Special e muore il racconto. Muore il lettore e muore il narrante.
Perché
quello che sembri non aver capito pienamente, è che Special Guest
ero io.
E
Kitty 'Sync' Hulah, invece eri tu.