sabato 13 febbraio 2016

Millennium bugs


Già per voi, nati nel secolo scorso, non dev'essere stato facile abituarsi a quello nuovo. Pensa per noi che siamo del vecchio millennio.

Ah, il Vecchio Millennio. Sembrano passati secoli, ma io ancora me lo ricordo.
Le Crociate. La peste nera. La scoperta dell'America. Il Rinascimento. Le Eresie. La rivoluzione industriale. L'Illuminismo. L'esplosione demografica. Il capitalismo - il comunismo, arf arf, che ridere! Noi del millennio passato usciamo indenni da due guerre mondiali e dalle bombe atomiche; abbiamo fatto la rivoluzione informatica e conquistato lo Spazio.
E voi, pischellanze neomillenarie? checciavete? Il bosone di Higgs?

Voi, marmaglie male educate, vi titillate colle mucche pazze, le SARS, le influenze aviarie e suine. Partorite emo. Mandate i negri alle Case Bianche, mai i bianchi alle Case Negre - razzisti. Scureggiate ancora combustibili fossili, pur disdegnandoli in società per darvi un tono. Continuate a viaggiare su vecchi aerei analogici, e vi titillate coi digitali terrestri. Tanta è la vs. noja che come vedete 4 gocce (“Tempeste d'acqua”!) gli date un nome di femmina - che fantasia, che modernità; quando i nostri avi comuni pascolavano le bestie nei Diluvi Universali. Battete monete €uropee e subito ve ne pentite. Vi amplificate gli scemi del villaggio a suon di smartphone e social network. Stolti! Noi del Vecchio Millennio siamo nauseati dalle vostre camminate whatsappanti.

Avete fatto sparì una categoria: il rivenditore di giornaletti zozzi. Che fine gli avete fatto fare? Me l'immagino a un angolo di una strada coi suoi giornaletti, tutti ripuliti, che proprio per questo non interessano più a nessuno.


Siete tutti pelati, quando pure il più fesso di noi era capellone; o al limite faceva ridere i suoi allegri compagni sfoggiando riporti che manco nelle addizioni alle elementari. Vi fanno male gli stomaci poiché fin dalla culla mangiate merda colorata dalla chimica delle E majuscole, voi che deridevate i nostri Panioli&zuccheri.

È incredibile quante parole nell'unità di tempo riusciate a digitare sulle tastiere dei vostri touch screen capacitivi, alcune delle quali anche di senso compiuto se prese singolarmente, senza mai far uso delle cervella. I correttori automatici vi raddrizzano i caratteri, e neanche tutti; ma mai le idee.

Rigettate i nostri vaccini come un complotto di vecchi babbioni, mentre v'inculate da soli i sieri positivi.
Sguazzate nelle Torri Gemelle, negli sgozzamenti kosher, nel vostro être Charlie. Ma che ne sapete dello stare tipo foglie sugli alberi autunnali? Dell'ardere sulle pire inquisitorie, delle teste rotolanti dalle ghigliottine perché le vostre possano toppare 1 suffragio universale dopo l'altro? Noi ciavevamo i Leonardi, i Cristoforicolombi, i Copernici, i Galilei. I Newton, i Bach, i Voltaire, i Rousseau. I Kant, i Beethoven, i Darwin, i Freud, gli Einstein. Gli Andreapazienza. I Beatles.
Voi replicate con Justin Bieber.

Eppoi non vi accontentate mai di niente. Noi con una invenzione ci svoltavamo tanti pomeriggi, lieti e semplici. La stampa a caratteri mobili cià regalato secoli di piacevolezze. La polvere da sparo, interminabili sterminii. La macchina a vapore – dio, com'era allegro il suono di quelle rotaje vaporizzate! Il volo umano, roba che ancora non pare vero.
Noi, nel tempo libero, ci radunavamo nelle nostre polis.
Voi sciamate come zombi nei vostri centri commerciali il sabato pomeriggio, e non uscite di casa se ciavete l'i-Phone minore di N.

Quindi, checcazzo ciavete da ridere? Da sentivve superiori, solo perché ancora vivi? Colle vite allungate, e le vecchiaje infinite che vi partono sin dalle più tenere età, cogli smogs che vi attanagliano, coi rumori delle monnezze urbane che vi squassano le periferie degradate dove dormite?

Noi eravamo giovani, voi siete vecchi. Noi, morire era un attimo. Denti che si guastavano, stomaci che si laceravano, femori che si rompevano e vualà. Ma prima eravamo vivi, di una vita scandita da cicli e riti di passaggio ben definiti. L'infanzia. L'adolescenza. I primi accoppiamenti, senza tante storie. L'ingresso nel mondo del lavoro. L'autonomia residenziale. Il matrimonio. I figli.
Voi, è tutto un rifiuto. Siete piccoli e volete crescere. Siete cresciuti, e indugiate tra la fanciullezza e la maturità, senza mai scegliere. Dipendete dai genitori fino alla loro lentissima consunzione; e quando riuscite ad andarvene di casa restate a 10 km dalla famiglia, se non sullo stesso pianerottolo. Avete un'aspettativa di vita da sballo, rasentate la centenarietà. Ma non avete tempo neppure per dormire.
Vi abbuffate di grassi idrogenati e cancerogeni edulcoranti, poi vi spossate di diete e sport per recuperare vita. Provate uno a caso dei nostri assedii medievali, per dimagrire davvero.
Nella società delle telecamere siete pervasi dall'insicurezza. Noi, quando ci avventuravamo in un bosco, manco sapevamo se saremmo tornati a casa con tutti gli arti.

Vi fotoritoccate, vi fotoritoccate. Ottenendo più cose.
La prima, la frustrazione di vedere gli altri e voi stessi incompatibili cogli standard più diffusi.
La seconda, la sparizione della Bellezza, che trova definizione dalla presenza del suo contrario.
La terza, l'autocancellazione dalla memoria futura.

Ma soprattutto, attenzione.

Avete perso l'Attenzione. Siete distratti. Da cosa, poi. Link che va di moda cliccare. Video che è necessario vedere. Inviti a eventi impossibili da raggiungere. Scrive chiunque, aforismi e massime, denunce e moralismi. O almeno copia. L'arte, finalmente, è di tutti. Ognuno disegna, suona, compone. Quantomeno fotografa, sfornella, trucca. Le dinamiche, ipercompresse, spariscono. Rapporti facili ad aversi e a perdersi. Suoni e colori brillanti e ultravivaci. Confezioni curate più dei loro contenuti, spesso insalubri, talvolta tossici. Codici e gesti che appartengono a culture vittoriose quanto lontane. Nozioni e spunti immediatamente raggiungibili, quindi poco interessanti.
Noi le cose ce le conquistavamo. Ammirare un quadro richiedeva lunghi viaggi, o l'acquisto di cataloghi costosi. Sapere chi avesse suonato su un disco era difficilissimo, se non era scritto nei crediti. Conoscere il liceo frequentato da David Gilmour era impossibile, senza un lavoro di ricerca di mesi (grazie Ricciolé). Era comodo? No davvero. Ma almeno, le tue energie le riservavi a ciò che conta, per te stesso soprattutto, scoprendo e sviluppando un gusto personale, senza finire invischiato nei milioni di visualizzazioni decerebranti dell'ennesimo burattinaio patinato.

La sovrabbondanza dell'informazione genera noja. Noja semantica. Inesattezze. Contraffazioni più o meno palesi. Complottismi consolatori e autoindulgenti. Credete negli extraterrestri (a che pro, poi) e consultate oroscopi, finendo per arricchire imbonitori più assurdi dei nostri peggiori stregoni.

Noi del Millennio passato non vi capiamo. Non ci adattiamo. Vi disprezziamo. Ed è per questo che la nostra ora è giunta.
Ricordo ancora le cassandre dei millenni scorsi. Si decantava l'arte della Scrittura, come farmaco della memoria e fonte di conoscenza divulgata. Sarebbe stata sapienza apparente, ribattevano loro. Possedendo e leggendo cose scritte avremmo creduto di conoscerle. Ma senza elaborazione, senza insegnamento, ci saremmo trasformati in portatori di opinioni, invece che sapienti.

Esageravano? O è successo davvero?
Non lo sappiamo. Noi alla fine l'abbiamo trovato, un nostro modo.
Se l'accelerazione non ci schiacciasse nelle tombe, se l'attrito non consumasse le nostre spoglie, saremmo curiosi di vedere il vostro.



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