sabato 14 marzo 2015

La Grande Esplosione
















La prima volta che provarono a uccidermi non ero che una bambina.
Più che spaventarmi del fatto in sé, m'impressionò che qualcuno avesse desiderato la mia morte, provando a realizzarla con violenza estrema.
Fu un trauma. La prima di mille altre volte, alle quali non mi abituerò mai. Se non quando nulla potrà più contare.

Il terrore spietato con cui ci fuggono.
L'accanimento pazzo con cui ci danno la caccia.
Sarebbe ridicolo, se non fosse letale.
Eppure, che io sappia, la mia tribù fra tutte è l'unica che non uccida per nutrirsi. È nostro punto d'onore non recidere vite, per alimentare la nostra.
Ci nutriamo di spirito. Ci muoviamo lentamente. Ci cibiamo della vicinanza. A sostentarci basta la prossimità delle persone che più ci piacciono.

Dopo la Grande Esplosione sviluppammo le nostre facoltà. Come tutti.
Ad alcuni crebbero zanne. Ad altri artigli. Chi sviluppò corazze, chi raggiunse assurde velocità di fuga. Aculei, pungiglioni, tentacoli ributtanti. Un numero di arti sempre nuovo. Le mutazioni variarono ogni specie vivente.
Siamo tutti dei sopravvissuti. Siamo tutti dei mal-viventi.

Non siamo stati fra i più fortunati. L'unico dono che ci è toccato in sorte è una capacità straordinaria di adattamento all'ambiente. E altre varie prerogative, buffe o penalizzanti.

I nostri maschi vivono poco. Pesanti e impacciati, sono i primi a soccombere. Il loro canto ci attira. Cantiamo anche noi; canti dolcissimi. Acuti, in giovane età. Più gravi quando siamo sessualmente mature. La sintonia ci fa accoppiare. Come tutti. Il seme che riceviamo nel primo accoppiamento sarà quello che ci feconderà per tutta la vita. Ma potremo riaccoppiarci per provare piacere.

Non siamo in grado di regolare il calore corporeo. La nostra temperatura dipende dall'ambiente circostante. Ai primi freddi entriamo in uno stato letargico, rallentando le funzioni corporee e interrompendo temporaneamente la crescita. Il nostro organismo rimane inattivo. Non si alimenta e non si muove. Trascorriamo così la maggior parte della nostra esistenza, viste le precipitazioni improvvise e le bizzarrie di un clima sempre più cagionevole. Nonostante le condizioni ostili, vogliamo solo sopravvivere. Come tutti.

Ci accusano di portare malattie. È falso. In altri luoghi forse, o in altri tempi. E comunque, mai consapevolmente. È colpa nostra se batteri e virus ci usano come veicolo? Credono forse, quelli che puntano il dito, di esserne immuni? Si sono mai chiesti a quanti esseri risultino mortali, e in modi meno inconsapevoli? Non giustifichino il loro odio con le menzogne.

Quanto a noi, mortali lo siamo solo per nostro conto, e per loro contributo.
I più ingenui provano a esorcizzarci attraverso rituali. Accendono fuochi, bruciano essenze. Adornano le loro case di piante che dovrebbero tenerci lontani. I loro scienziati deviano corsi d'acqua che ci sono necessari. Provano a eliminarci spargendo veleni, che intossicano essi stessi. Sterminano acri delle loro terre, continuando a cibarsi dei loro frutti assassini. Potremmo riderne. Sarebbero risate amare. Ma i nostri sorrisi sono spenti da tempo.
Si sono fatti più furbi, e mille volte più crudeli.

Hanno studiato sostanze nuove, innocue per la loro prole, che inibiscono lo sviluppo della nostra. Se solo vedessero lo scempio che hanno fatto. Cosa direbbero le loro madri, tenendo al seno nidiate di malformati? Hanno selezionato razze di predatori, disseminandoli nelle terre che abitano, a loro stesso rischio e pericolo. Tentano di modificarci geneticamente, nella speranza inumana di selezionare spermatozoi in grado di generare soli maschi.
Quando possono, non uccidono sul colpo. Amano bruciarci in parte, strapparci gli arti e lasciarci vivi, per farci monito di ogni sopravvissuto. Come possono convivere con loro stessi? Non si fanno orrore? Come possono allevare figli, assistere anziani, amarsi addirittura, coi segreti orribili che tanto fieramente sbandierano? Hanno perso completamente ogni coscienza? Non rispettano niente, non temono nessuno. Non potrebbero un giorno condividere lo stesso destino?
Questa è la mia speranza. Né più né meno quanto spetta a noi oggi. Qualcuno, qualcosa, che riservi loro lo stesso Fato. Senza mai arrivare a capire perché. Dover scappare, vivendo sospesi nella minaccia di mille torture. Dover sapere che si lavora alla loro estinzione. Sfacciatamente. Senza che ci si possa mai fare niente. Verrà un giorno che le mutazioni non saranno più a loro favore esclusivo. Altri organismi prevarranno. Si sveglieranno fuggendo, e dormiranno nell'incertezza del risveglio. Conosceranno l'Orrore a cui non ci si abitua. Conviveranno con l'odio spietato dell'Oppressore. Peggio: con la sua indifferenza. Non è lontano il momento in cui >|<



"T'ho presa, puttana succhiasangue", disse l'uomo in pigiama guardando la macchia spiacciacata sul quotidiano sportivo.
“Dai Nick, levati gli stivali e torna a letto. Anzi, mmm: no. Tienili.”



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