mercoledì 25 giugno 2014

Un altro racconto di merda.

 
Nel frattempo anche nelle case più lussuose dentro i muri scorreva la merda.

So bene quello che dico: io faccio un lavoro di merda. Andò così. Fatte le scuole superiori svernavo in un'iversità scelta a caso. In 5 minuti, BANG! Fuoricorso. Al che, il fratello di una con cui uscivo all'epoca mi fa:

“So che cerchi lavoro”
“Non è vero, non ne cerco”
“Io ho da proporti un lavoro di merda”
“Sentiamo, qual è?” 
“Uno che conosco ha una ditta. Cercano gente. Si tratta di incanalare la merda lungo tubi in case di gente che paga bene”.

Perché no. Paga bene. Contenti loro, di averci nei muri la merda.
Eccomi quindi alle prese col mio lavoro di merda. Da anni. Non farmi fare conti. Non sogghignare, soprattutto. So che la merda fa ridere grandi e piccini, ma anche il lavoro che fai tu è una merda, anche se meno letterale. Ma la sua puzza la fa.

La mattina arrivo presto. Un ragazzetto slavo fa le tracce incidendo le mura col bisturi. Un tempo il ragazzetto slavo ero io. Poi sono stato promosso a Signore Italiano. Mi sono adeguato. Indosso pantaloni larghi pieni di tasche, con macchie che sembrano vernice. Alle 10.30 in punto traggo da una busta un incarto di pizza colla mortadella, una Peroni da 66 cl e il Corriere dello sport. Fino alle 10.45 non do retta a nessuno.

Così, il ragazzetto slavo lascia le sue tracce. Quando lo fa, sogghigna. Mi ricordo il perché. Nello scassare i muri della gente perbene c'è qualcosa di straordinario. La signora ti guarda col cuore strizzato, lei che quando vede sul suo pavimento un granello di polvere lo raccoglie col polpastrello dell'indice della mano destra. Vorrebbe indignarsi, ma sa bene che è ridicolo. “Signora, è la sua merda e non la mia. Io sono uno educato.” Al che, seguo le tracce del ragazzetto slavo, stendendo la rete di tubi sanguigni nei quali correrà finalmente la merda. Un attimo dopo, il ragazzetto slavo cicatrizzerà i muri con lo stucco. Se durante un party gli ospiti di quella gentile signora immaginassero la trama di liquami che li avvolge, rimarrebbero di stucco.

Una volta bisognava far passare la merda di prete nei muri di una chiesa. Quel giorno il ragazzetto slavo ha avuto il suo salario giornaliero senza battere un colpo. “Questi sono muri portanti. Ci penso io”. Quale soddisfazione nell'accanirmi contro quelle mura benedette. Naturalmente, in quel percorso di merda ho ideato piccole deviazioni. Ora passava dietro la schiena del Crocifisso. “Non si può fare diversamente. Vede? Solo qui dietro c'è un'intercapedine che si può sfondare. Ai lati abbiamo due muri ladroni in pietra, molto difficili da redimere”. Nel frattempo traevo dalla borsa dei ferri il mio schiodatore di crocifissi nuovo di zecca. Mi prendevano in giro quando l'ho acquistato, ma sapevo che non stavo buttando i miei soldi. Il prete gemeva silenziosamente, ma era ben conscio della mole di merda che produceva. Stavo per aggiungere “così il suo crocifisso avrà la schiena bella calda, visto che anche d'inverno sta a torso nudo”. Ma poi ho lasciato perdere. Non scherzo mai. Non rido mai. Perdi alla svelta la voglia di scherzare, quando il lavoro che fai è di merda.

Tu mi stai disprezzando. Sento le tue pupille indignate scorrere sulle mie riflessioni di merda, biasimando ogni volta che scrivo di merda. Merda, merda, merda!
Non è colpa mia. Hai fatto la tua scelta: detesti costipazioni e occlusioni, e abbisogni di poderosi conduttori per la tua merda. La tua, non la mia.

Quindi la merda scorre. Inarrestabile. Scalda le terga delle icone sacre e i ritratti degli antenati. S'infila dietro la dispensa, incurante delle raffinatezze che contiene. Passa per la camera da letto, osservando sonni popolati da incubi. Parte da vasi di piccolo calibro, e affluisce in grossi tubi arancioni di PVC. Da sistema linfatico diviene apparato circolatorio. Ogni casa ha le sue arterie, in cui scorre acqua pura. E le sue vene. Incrostate di merda. Io tratto la merda.

Un tempo si usavano tubi metallici, smaltati all'interno. Termoisolati. Il costo era alto; si poteva abbattere. Le plastiche diventarono sempre più sottili e porose, trattenendo nei propri alveoli particole di merda che da liquida solidificava. Questa patina ne aumentò la rugosità, quindi gli attriti. Oggi abbiamo merda meno fluente.
Gli sbalzi termici non aiutano. La coibentazione delle case di recente fabbricazione è ridicola. Caldo d'estate, freddo d'inverno. Pieghe, bolle, crepe nelle condutture. Colesterolo né buono né cattivo; semplicemente inevitabile. Hai mai visto dei muri permearsi di merda? Sembra umidità, all'inizio. Poi gli odori ti mettono il dubbio: sarà merda?

Naturalmente all'inizio tenti mille spiegazioni. “È solo che è umido. Quest'odore di chiuso svanirà aprendo le finestre una mezza giornata”. La merda è in effetti diluita, l'acqua la iuta a scorrere nei tubi. Panta rei, ti dici tu; ma non è vero. I liquidi scorrono, i solidi molto meno. Essi amano intrattenersi presso i loro stacoli. Quindi ti stazionano dietro le suppellettili, incuranti della tua repulsione bigotta.
“Senti qui, cara: sarà merda?” - “Oh, Orazio, non so dirti. Certo, sembra merda. Ma come può essere? Abbiamo rifatto l'impianto neanche ventimila anni fa, non può essersi già rotto”. Non può, soprattutto per la gravità delle conseguenze. Quella è casa tua. Il tuo porto franco, il rifugio dai tuoi lavori di merda metaforica, stolto che credi di essermi migliore. Vederlo impregnato di merda vera non è, semplicemente, un'ipotesi accettabile. Pure, è così.

La qualità si abbassa dappertutto. Dicono che sia un processo irreversibile. Un tempo si produceva con amore. Prima la funzionalità. Poi l'abbattimento del costo, l'estetica e la smaltibilità. Non di rado i prodotti avevano un indotto educativo.

A un certo punto, ecco bussare alla porta delle conomie capitalistiche il terzomondo impertinente. Che nel frattempo ha studiato, almeno un po'. Le nuove conomie nascenti. Cinesi. Indiani. Legano te, secolare lavoratore occidentale, al palo della tortura. Chiedono meno, molto meno: certe volte si accontentano di un terzo.
“Perché no?”, ridono gioviali i Cavalieri del Lavoro. Quindi licenziano, subappaltano, delocalizzano. I guasti non sono più riparabili. Bisogna rifare tutto da capo. Fino a inorridire della violenza dei colpi dati dai ragazzetti slavi sui muri delle loro case intrise di merda.

Io stesso, ligio alle tendenze del mercato, ho un disco che richiama il cliente bisognoso di concludere il suo tipico affare di merda. Trascorro le ore più liete, ascoltandolo mentre suona. “Buongiorno. Lei ha chiesto un preventivo per un merdodotto di tipo domestico. Se la casa è in costruzione, e l'impianto è da mettere in opera ex-novo, prema 1. Se l'impianto è preesistente e va ammodernato, prema 2. Lei ha premuto il tasto 2. Se la cubatura della merda prodotta mensilmente non è superiore a 0,02 metri cubi, prema 1. Se la cubatura non è superiore a 0,06 metri cubi, prema 2. Se la cubatura non oltrepassa i 0,10 metri cubi mensili, prema 3. Per quantità superiori, prema 4. Per riascoltare questo messaggio, prema 9. Per tornare al menù precedente, prema 0”.

Fantastico, fantastico. Quando al primo bivio telefonico premi il tasto 2, grande è l'urgenza. Tu non sai quantificarti la merda. Tenti di indovinare le dimensioni lineari di un campione mattutino, e di elevarlo al cubo, moltiplicandolo per i mattini contenuti in una mensilità; ma nel frattempo quel campioncino ostinato non sente ragioni e vuole uscire. Quindi nelle pause del mio disco favorito pronunci i peggiori improperi, augurandomi le più crudeli morti. Tu, col tuo animo candido, che poco fa ti scandalizzavi per la quantità di volte che ho scritto 'merda'. La tua indignazione è ingenua e tenerissima. Credi di avere del problema un quadro completo. Non sai che, a lavori conclusi, dal punto A di origine la tua merda verrà indirizzata in un diverso punto B.

Non ti chiedi mai, di quel punto B. Esso vegeta paziente, in qualche cantuccio dello spazio-tempo. Attende di germinarti le verdure, o il foraggio che foraggerà le tue bistecche. Ti aspetta nei mari in cui sguazzerai nelle tue rigeneranti e costosissime vacanze stive. Coverà le uova dei pesci prelibati di cui ti ciberai nei ristoranti più costosi.

Ognuno ha la sua merda. Il suo lavoro di merda. La sua vita di merda. Tu non mi faciliti le cose. Le tue sigenze sono per l'appunto solo tue. Spesso divergenti dalle mie.

Tu mi chiedi documenti, mi frapponi burocrazie, mi metti voti bassi agli esami, mi levi punti alla patente.
Mi curi le malattie svogliatamente, difendi i miei diritti per parcelle salatissime, commetti a mie spese errori giudiziari. Non mi rappresenti nelle democrazie rappresentative, storni i fondi, ascolti musica caraibica a volumi altissimi la domenica mattina. Stendi asfalti che alla prima pioggia saltano per aria, mi sbagli le previsioni meteorologiche, perdi le prenotazioni delle mie vacanze. Mi blocchi la carta di credito, aumenti i prezzi, vendi biglietti sfortunati, non inventi mai cure contro la calvizie.

Ma adesso ti frego io. Sto per brevettare un sistema di fognature wireless.




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